5.6.09

“Ken Park” (2002)

di Marco Apolloni

Ken Park” è un adolescente assomigliante a Rosso Malpelo, il cui altro soprannome è “krap”, “merda”. Il film si apre con lui che arriva allo skate-park e si suicida sparandosi un colpo in testa. Verso la fine veniamo a sapere dai suoi amici, che dietro al suo gesto estremo si cela il “movente” di una gravidanza indesiderata della sua ragazza. La pellicola si chiude proprio con lo sguardo di Ken perso in siderali lontananze, che inebetito non sa rispondere alla sua ragazza che gli chiede: se è contento che sua madre lo avesse fatto nascere. Risposta difficile, questa, soprattutto alla luce di quanto si viene svolgendo durante la narrazione filmica. Infatti nell'assistere sgomenti alla routine degli altri quattro co-protagonisti: Tate, Shawn, Claude e Peaches; la risposta alla domanda se valesse o meno la pena di nascere è un po' la chiave per capire la “periferia emotiva” di questi ragazzi, annoiati e svuotati, i quali contrappongono alla loro smania incessante di vivere l'incapacità di adattarsi in una società reprimente.

I famigliari di questi ragazzi, a ben guardarli sembrano molto più scossi di loro. Spiegabili perciò ci paiono i comportamenti eccentrici, che per reazione-difesa questi adolescenti problematici esprimono. Tutti tranne due: 1) il suicidio di Ken; 2) l'atto inaudito compiuto dall'esasperato Tate, che in preda ad un raptus omicida accoltella mortalmente i suoi nonni. Per gli altri tre rimasti ne risulta un ritratto efficace di una generazione ben oltre il nichilismo e la perdita dei valori. Poiché, a dire il vero, essi un valore dimostrano di averlo – valore, questo, di chiara ispirazione libertina –, e cioè: vivere appieno la loro disinibita sessualità attraverso la scoperta del loro corpo-strumento. In materia sessuale: il loro unico freno morale vuole essere non avere alcun “freno morale”! Concezione, questa, che lambisce l'edonismo più sfrenato. Con il termine “edonismo” s'intende comunemente quel complesso di dottrine ruotanti attorno al principio di “piacere”. Laddove altre dottrine filosofiche, invece, individuano nel “bene” oppure nella “felicità” i loro principi basilari. Il “piacere” che intendono loro è principalmente “carnale” e solo indirettamente “spirituale”: poiché per essi star bene con il loro “corpo” equivale a star bene con il loro “spirito”.

Riassumendo, dei cinque protagonisti: due sono senz'altro “negativi”, in quanto l'uno distruttivo per se stesso (Ken) e l'altro per gli altri (Tate); gli altri tre risultano invece “positivi” (Shawn-Claude-Peaches); il “trio” che, non a caso, nella parte finale della pellicola si esibisce in un triangolo sessuale travalicante il confine della pornografia. In un dialogo denso di significati e riferimenti culturali per bocca di Claude viene esposta quella che è la loro filosofia esistenziale, riassumibile con un capovolgimento del celebre detto cartesiano tramutato per l'occasione in: “Coito ergo sum”! Il loro obiettivo dichiarato è l'attuazione di una società utopica formata da uomini e donne pienamente appagati/e. Secondo loro ciò può essere l'unico antidoto contro il veleno che sta uccidendo la nostra società occidentale: sessualmente troppo repressa. “Società utopica” è la loro, dove la sola merce di scambio consentita è il “piacere” nella sua totale accezione fisica-metafisica. Una società dove è il sesso a farla da padrona, fondata sull'assunto matematico secondo cui: + SESSO = - FRUSTRAZIONE!

In definitiva, il merito più grande di questa pellicola – diretta dal regista Larry Clark – è di non essere scontata. In tempi di magra come questi, direi, ci possiamo accontentare...

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