di Marco Apolloni
Nome: Viktor
Cognome: Navorski
Cittadinanza: apolide
Nella peggiore delle ipotesi questa sarebbe la mia futura carta d’identità. Potrò sembrare matto, forse, ma giuro che lo faccio! Se chi dico io vincerà le elezioni politiche in Italia, siccome sono una persona seria e non un “pagliaccio” qualsiasi, ho fatto una promessa a me stesso: scioglierò simbolicamente il legame che mi vincola al mio “fedifrago” popolo. Mi è venuto come spontaneo, mentre parlavo in macchina con la mia ragazza. I soliti discorsi, poi all’improvviso la folgorazione: vedendo il manifesto splendente di qualcuno che avrei fatto volentieri a meno di vedere in quel frangente… Così, senza neppure pensarci, mi è venuto su un rigurgito di fascismo dritto dal cuore. In quel modo mi sono ricordato di un mio tema degli anni d’oro del liceo – che mi è valso un bel nove! – in cui manco a farlo apposta, scrissi a proposito del ventennio più buio della storia d’Italia, delle parole tanto disincantate quanto già rassegnate, manco fossi stato un piccolo “balilla” cresciuto a suon di scudisciate e olio di ricino. In realtà sono cresciuto a “pane e Unità (il giornale, a essere precisi)”, quindi figuratevi un po’ voi che razza d’infanzia “traviata” è stata la mia…
In quel tema avrei potuto dire che il fascismo era stato uno spiacevole incidente di percorso di un popolo formato all’epoca da reduci arrabbiati e delusi nonostante la vittoria – mai vittoria fu tanto più amara! – della Grande Guerra (che di “grande” ha avuto ben poco, come ogni guerra d’altronde…), con ancora ben vivida nella memoria la catastrofica disfatta di Caporetto. Popolo con un risentimento talmente vigoroso che il primo “uomo forte” mandato dalla provvidenza, seppe cavalcarlo con una tale maestria tanto da rifondergli i suoi traditi “sogni di gloria”. Sogni questi più che altro dettati dallo “spirito del tempo”, dunque imperialistici, così da rinverdire nella ferita memoria collettiva gli antichi fasti della Roma imperiale. Avrei potuto dire tutto questo, ma non l'ho detto. Anni dopo – quando ero già uno studente universitario – scoprii che questa interpretazione, che a me all’epoca sembrava e sembra tuttora fin troppo semplicistica, tuttavia era stata la linea interpretativa adottata da Benedetto (“non” XVI, quello è un altro…) Croce, grande studioso italiano nonché militante anti-fascista.
Contrariamente a ciò, io invece identificai nel fascismo, molto spietatamente e con una visione ben più truce della realtà storica italiana, “l’autobiografia della nazione”. In sostanza nella controversa figura del Duce vi rispecchiavo per contro milioni e milioni d’italiani con il vizio, a tutt’oggi rimasto insuperato, di chinare il capo e riverire il potente di turno. Da qui ho cominciato pian piano a maturare una mia “personale opinione” su noi italiani, ovvero il solo popolo al mondo ad essere buono per tutte le stagioni, come l’omonima pizza da cui prende il nome: la famigerata “quattro stagioni”…
Sul commento al voto, del mio “impegnato” tema, trovai scritte le seguenti rammaricate parole della professoressa “mi dispiace non averti potuto dare dieci dato il modo encomiabile in cui hai affrontato il tema, ma almeno potevi citare la fonte a cui ti rifacevi: Piero Gobetti…”. Piero Gobetti? Ma chi era per me a quel tempo costui? Semplice: un emerito sconosciuto! Quanto meno, però, quel tema me lo fece conoscere. In seguito andai a digitare il nome di questi su Google e mi uscirono fuori parecchi ipertesti molto chiarificanti su questo povero “sfigato”, mi sembra proprio il caso di dire, giovane intellettuale torinese, morto a causa delle percosse ricevute da feroci squadristi-fascisti. Ripensandoci rimango ancora scioccato di quanto “quel giovane” torinese ci abbia visto giusto sul conto del suo popolo; attraverso le sue parole, infatti, si può tranquillamente risalire sino ai “risolutivi” giorni nostri e ripercorrere la storia d’Italia come in uno dei tanti film scanzonati, ma non per questo meno spietati, interpretati dai vari Gassman, Sordi, Mastroianni, eccetera; e illustranti i mille e passa “vizi capitali” del nostro popolo fin troppo “maestro nell’arte dell’arrangiarsi”…
Gobetti a parte, c’è un episodio molto particolare – che risale a quando ero studente “erasmus” in Inghilterra – di cui vorrei parlarvi. Eravamo arrivati ai ferri corti, io e il mio coinquilino transalpino, tanto che incominciammo a discutere animatamente, d’insulse dappocaggini – mi sa che mi ero dimenticato di lavare i piatti o qualcos’altro del genere – così ad un certo punto volò al mio indirizzo la brutta parola “fascista”. Lì per lì me la presi, ma poi lui – resosi conto che io avevo accusato il colpo e che me l’ero particolarmente presa – si scusò immediatamente con me per quel che aveva detto, cosicché facemmo la pace. Dopo non demmo più peso all’episodio, tuttavia io feci solo finta di dimenticarmene. Nel corso di quella mia permanenza all’estero, infatti, feci caso ad una cosa, cioè il peggiore insulto che si potesse fare ad una persona, quello più annichilente – che non lasciava spazio ad alcuna replica in quanto aveva la funzione di stroncare e basta! – era appunto dirgli “fascista” e non “comunista”, come invece avviene normalmente in Italia. Paese questo dalla memoria fin troppo corta e a cui evidentemente non è bastata la lezione impartitagli dalla storia “maestra di vita”, secondo Cicerone. “Chi dimentica la storia è condannato a ripeterla” recita non a torto un filosofo dei nostri giorni di nome Carlos Santayana…
Ora io non mi capacito di come possa risultare più offensivo dire “comunista” ad una persona in Italia, dal momento che il comunismo o i comunisti – almeno nel nostro Paese – sono stati fra i “padri” del nostro attuale Stato democratico e libertario; mentre dire “fascista” offenda, ma neanche poi più di tanto, nonostante ciò abbia implicato per il nostro Paese l’alleanza disastrosa con un altro regime ancor più anti-democratico e liberticida di quello mussoliniano, quale quello hitleriano, la cui follia per giunta ha causato lo sterminio scientifico di sei milioni di persone per vari e tutti incomprensibili motivi razziali. Eppure c’è chi, sempre nel nostro Paese, ancor oggi aizza le “teste calde” fra le componenti più isteriche delle folle, smorzando i toni d’accusa e quasi arrivando a giustificare talvolta allarmanti episodi di xenofobia.
Mi ricordo di aver ascoltato, qualche tempo fa, un’intervista che mi ha molto scioccato. Era di domenica e perciò - che pretendete - in televisione mandavano in onda la giornata di campionato appena conclusasi condita in tutte le salse, con interviste a persone legate al mondo del pallone. In questa intervista, appunto, ebbi modo di ascoltare l’infelice risposta del presidente di un importante club calcistico, il quale, sollecitato da un giornalista a commentare i cori razzisti piovuti dalle curve a dei giocatori di colore, disse senza particolari remore di coscienza “son solo dei ragazzi un po’ anti-conformisti, non bisogna scordarselo” “E chi se lo scorda, brutto bacucco che non sei altro” avrei voluto rispondergli io a quel presidente. Se fare cori razzisti allo stadio significa essere anti-conformisti, allora che dire di quei giovani che si ostinano invece a scendere nelle piazze di tutta Italia a manifestare in favore della pace? Forse che siano costoro dei conformisti? Chissà… Mi piacerebbe sentire cosa ne pensa in proposito questo “tollerante” presidente-opinionista, peccato solo che sia “tollerante” proprio con chi non sa nemmeno cosa significhi la parola “tollerante”: immagino il povero Voltaire, uno dei fautori del “pensiero tollerante”, si sia rivoltato nella tomba…
Più che con lui, però, devo dire che ce l’ho con quel giornalista che gli ha posto l’incriminata domanda e che non ha saputo fare, secondo me, il mestiere per cui è pagato, ossia rispondere a tono a chi dice delle idiozie. D’altronde, però, anche qui c’è ben poco di che sorprendersi, lo stato comatoso in cui è il giornalismo-militante del nostro Paese è lampante e sotto gli occhi di tutti quelli che non hanno “travi obnubilanti” conficcate in essi. Quando uno ti dà una risposta del genere, come fai - dico io - a non fargli subito una seconda domanda, molto più scomoda della prima? Un tipo come quello dovrebbe essere inchiodato e smascherato per quel cane-razzista-perbenista che è!
Un regime comincia a prendere le mosse quando la stampa comincia ad assumere posizioni moderate ed equivoche su questioni che avrebbero bisogno invece di partigianeria e - perché no - anche di maggiore fermezza, cioè che sappiano imporre categoricamente “ciò che è giusto da ciò che è sbagliato”. Si veda per questo l’esemplare film-documentario Viva Zapatero! di Sabina Guzzanti, la quale accusata “a destra e a manca” – è proprio il caso di dirlo – di non saper fare il suo mestiere di “autrice satirica”, risponde con notevole pertinenza di contenuti a coloro che l’accusano, portando la testimonianza satirica di chi vive di satira (anche se, di questi tempi in Italia, ciò significa fare la fame o quasi…) e non secondo la discutibilissima opinione di alcuni incompetenti e quel che è peggio impertinenti burocrati, i quali preferiscono che certe verità vengano taciute per non far torto al Padrone di tutto quel che appare e “scompare” in televisione… Che lo si voglia o meno, noi italiani viviamo precisamente in un “regime psicologico” più soft di quello mussoliniano, ma pur sempre di stampo “fascista”, che è teso ad intimorire tutte quelle persone considerate “dissidenti”, le quali pur avendone di cose da dire controcorrente, talvolta non le dicono proprio per paura di perdere il loro “prezioso” posto di lavoro…
Del resto, voi direte, come biasimare questi “innocenti” lavoratori del servizio pubblico di fronte al funesto rischio di “cassa integrazione”. Probabilmente molti di noi al loro posto farebbero altrettanto ed è proprio questo il motivo che induce in Italia a non scandalizzarsi poi più di tanto a votare politici implicati con la “mafia”. Difatti che importanza volete che abbia, se costoro convivono con essa accettandone le mazzette, anzi… Questi poveretti “perseguitati” nel migliore dei casi vengono considerati “salvatori della patria” o nel peggiore relegati a qualche seggio alla Camera o al Senato, sputaci un po’ sopra… Questa è l’Italia, signori miei. È inutile prenderci in giro. Non so voi, ma io francamente sono stufo di essere preso in giro! Alle prossime elezioni politiche d’Aprile c’è in ballo la nostra credibilità internazionale, mica “pizza e fichi”. Perciò bisogna andare a votare per mandare a casa chi ha riscritto la nostra imprescindibile “carta costituzionale” per fare gli sfacciati comodi propri. Non facciamo i soliti italiani-menefreghisti: tutto quello che faremo “contro” il nostro Paese si rivolterà “contro” noi diretti interessati, non è che “altri” pagheranno al posto nostro, a meno che non vogliamo considerare i nostri “figli” quegli “altri”…
Come diceva il grande J.F.K. : “Non chiedetevi cosa può fare il vostro Paese per voi. Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro Paese”. Seguiamo l’insegnamento dell’Uomo Ragno – eh già, è proprio vero che non si finisce mai d’imparare, persino i supereroi dei fumetti hanno una lezione da impartirci! – “da un grande potere deriva una grande responsabilità”. Non dobbiamo mai dimenticarci che “la libertà che abbiamo ce la siamo conquistata!” – come viene detto nella pellicola rivelazione della Guzzanti – e ora che essa è di nuovo in grave pericolo non dobbiamo aver paura a ridiscendere nelle barricate e a riconquistarcela proprio come fecero i “nostri padri parigini” nel lontanissimo ’68. La libertà di espressione nel nostro Paese è ormai ridotta ad un avanzo di “carogna putrescente” attorno alla quale si aggirano numerose “iene imbastardite”. È tempo di “cambiamento”: è tempo di “rivoluzione”! Ci scommetto quello che volete: molti di voi staranno senz’altro dandomi del pazzo farneticante che parla in questo modo di “temi tabù”, quali “rivoluzione e cambiamento”, a degli italiani: il secondo popolo più conservatore del Globo terracqueo dopo quello vaticano. In realtà, però, la rivoluzione di cui vi parlo è molto meno cruenta di quanto lascino intuire le mie “violente” parole.
Un professore all’Università me l’aveva già cantata tempo addietro “figliolo se solo adesso si pagasse con il proprio sangue ogni singola parola detta, come qualche secolo fa, tu allora saresti già morto ogni volta che apri bocca!” Non lo trovate un gran bel complimento? Io sì…
Comunque ritornando alla “rivoluzione” di cui mi sono fatto agitatore, le uniche vittime nella mia personalissima “lista di proscrizione” sarebbero gli attuali programmi televisivi - con buona pace di mia nonna, che speriamo non legga mai e poi mai questo mio scritto, altrimenti son sicuro mi lincerebbe vivo: guai a toccarle Bonolis… Scherzi a parte, se di “rivoluzione” si può parlare in Italia al giorno d’oggi: la “vera rivoluzione” da attuarsi, secondo me, è quella del “palinsesto televisivo”, ripristinando - ad esempio - programmi che oltre a “fare ridere”, riescano anche nell’arduo compito di “far riflettere” gli spettatori.
Non so, forse sarò diverso dagli altri, ma proprio per questo credo sia mio preciso dovere parlare diversamente. Tuttavia voglio sperare di non essere il solo, voglio sperare che in Italia ci siano migliaia d’altri “cervelli anomali” come il mio. Se non altro per il piacere di stare in compagnia. Piacere questo che non conosce mai eguali a dire il vero… Ma in fin dei conti voglio essere ottimista e credere che ce ne siano molti come me. Speriamo solo che, con il nostro infaticabile e rumoroso “cicaleccio”, riusciremo un po’ a smuovere dalle acque del torpore quei milioni d’italiani indecisi. A loro, infatti, vanno aperti gli occhi per veder chiaramente l’immane pericolo costituito da questa “destra anomala e nostalgica” per il bene del nostro amato Paese. Qui da noi, esattamente, non si tratta di scegliere tra una “destra conservatrice” e una “sinistra riformatrice”, come in tutti gli altri Paesi “normali” europei. Noi italiani, come al solito, dobbiamo farci riconoscere sempre nel bene come nel male. Di fatto rappresentiamo un anomalia di non poco conto nel “cuore pulsante” di un’Europa che andrebbe rafforzata invece che dileggiata, come spesso purtroppo avviene ad opera di alcuni scaricatori-di-responsabilità esponenti di una destra a dir poco “irresponsabile”. In questo do pienamente ragione al mio amico transalpino, che non me ne vogliate almeno voi miei lettori…
Ad ogni modo, in caso di nuova avvenuta catastrofe politica in Italia, io ho già pronto il rimedio per togliermi da ogni imbarazzo e non dovermi più vergognare agli occhi di compagni di altre nazionalità. Stavolta sono pronto a correre ai ripari e ad accettare la deriva con il “salvagente” in caso di “naufragio” della barca-Italia mal governata e portata in acque poco tranquille da piloti senza scrupoli e mercenari, pronti a svendere la propria e l’altrui dignità, persino della loro stessa madre… Non sopporterò più oltre gli insopportabili arbitri della “dittatura della maggioranza”. Vorrà dire che se voialtri deciderete di affondare, affonderete pure, ma non con me. E mica se tutti sono “fessi” significa che anch’io devo esser per forza “fesso”, giusto no? Se il mio Stato è rappresentato da una “manica di cretini” perché mai io dovrei sentirmi rappresentato da esso? Non sarei forse meno ipocrita di molti altri a chiamarmene al di fuori? Naturalmente ho estremizzato la questione cruciale; tuttavia l’ho fatto apposta per meglio ingigantirla con la lente d’ingrandimento, cosicché la si possa veder luccicare meglio in tutte le sue molteplici sfaccettature. Ad ogni buon conto vi prego di rifletterci sopra, ci terrei a essere preso sul serio: poiché serie sono le mie intenzioni. In sostanza, come direbbe il buon Totò, “qui lo dico e qui lo nego”: se vince quello lì divento apolide… E se idealmente vorrete venirmi a cercare, sappiate che andrò ad abitare nell’immaginaria, ma non per questo meno allettante isola d’Utopia, in buona compagnia del mio amico di “lunga data” Tommaso Moro… Ah, quasi dimenticavo, le coordinate longitudinali e latitudinari per rintracciare questa sperduta e fantastica isoletta in mezzo all’Oceano sono: da qualche parte a sinistra là dove batte il cuore…
Prima d’interrompere la comunicazione dalla Repubblica “immaginaria” di Krakozia, dove sono ospite durante questo transitorio periodo di campagna elettorale, per non sembrarvi troppo “politically scorrect” – com’era esattamente nelle mie intenzioni, tengo a precisare – vorrei in conclusione raccontarvi un altro episodio accadutomi ad un party in Inghilterra sempre in veste di studente “erasmus”, che rievoca alla mia sempre più affievolita memoria il “caro” nome di Zapatero, per me intriso di speranza in una società migliore e soprattutto “possibile”…
Si stava parlando fra ragazzi e ragazze e, come da convenevoli ci si chiedeva la nazionalità e quando fu il mio turno, una ragazza visti i miei tratti mediterranei mi fa “tu scommetto che sei spagnolo”; così io le risposi con il sorriso incorniciato sulle labbra e con l’aria di chi aveva appena ricevuto un gran bel complimento “no magari, sono italiano… però tifo Zapatero!”. Con ciò, “passo e chiudo”, non ho nient’altro da dirvi, per ora almeno…
E mi firmo vostro affezionatissimo,
In quel tema avrei potuto dire che il fascismo era stato uno spiacevole incidente di percorso di un popolo formato all’epoca da reduci arrabbiati e delusi nonostante la vittoria – mai vittoria fu tanto più amara! – della Grande Guerra (che di “grande” ha avuto ben poco, come ogni guerra d’altronde…), con ancora ben vivida nella memoria la catastrofica disfatta di Caporetto. Popolo con un risentimento talmente vigoroso che il primo “uomo forte” mandato dalla provvidenza, seppe cavalcarlo con una tale maestria tanto da rifondergli i suoi traditi “sogni di gloria”. Sogni questi più che altro dettati dallo “spirito del tempo”, dunque imperialistici, così da rinverdire nella ferita memoria collettiva gli antichi fasti della Roma imperiale. Avrei potuto dire tutto questo, ma non l'ho detto. Anni dopo – quando ero già uno studente universitario – scoprii che questa interpretazione, che a me all’epoca sembrava e sembra tuttora fin troppo semplicistica, tuttavia era stata la linea interpretativa adottata da Benedetto (“non” XVI, quello è un altro…) Croce, grande studioso italiano nonché militante anti-fascista.
Contrariamente a ciò, io invece identificai nel fascismo, molto spietatamente e con una visione ben più truce della realtà storica italiana, “l’autobiografia della nazione”. In sostanza nella controversa figura del Duce vi rispecchiavo per contro milioni e milioni d’italiani con il vizio, a tutt’oggi rimasto insuperato, di chinare il capo e riverire il potente di turno. Da qui ho cominciato pian piano a maturare una mia “personale opinione” su noi italiani, ovvero il solo popolo al mondo ad essere buono per tutte le stagioni, come l’omonima pizza da cui prende il nome: la famigerata “quattro stagioni”…
Sul commento al voto, del mio “impegnato” tema, trovai scritte le seguenti rammaricate parole della professoressa “mi dispiace non averti potuto dare dieci dato il modo encomiabile in cui hai affrontato il tema, ma almeno potevi citare la fonte a cui ti rifacevi: Piero Gobetti…”. Piero Gobetti? Ma chi era per me a quel tempo costui? Semplice: un emerito sconosciuto! Quanto meno, però, quel tema me lo fece conoscere. In seguito andai a digitare il nome di questi su Google e mi uscirono fuori parecchi ipertesti molto chiarificanti su questo povero “sfigato”, mi sembra proprio il caso di dire, giovane intellettuale torinese, morto a causa delle percosse ricevute da feroci squadristi-fascisti. Ripensandoci rimango ancora scioccato di quanto “quel giovane” torinese ci abbia visto giusto sul conto del suo popolo; attraverso le sue parole, infatti, si può tranquillamente risalire sino ai “risolutivi” giorni nostri e ripercorrere la storia d’Italia come in uno dei tanti film scanzonati, ma non per questo meno spietati, interpretati dai vari Gassman, Sordi, Mastroianni, eccetera; e illustranti i mille e passa “vizi capitali” del nostro popolo fin troppo “maestro nell’arte dell’arrangiarsi”…
Gobetti a parte, c’è un episodio molto particolare – che risale a quando ero studente “erasmus” in Inghilterra – di cui vorrei parlarvi. Eravamo arrivati ai ferri corti, io e il mio coinquilino transalpino, tanto che incominciammo a discutere animatamente, d’insulse dappocaggini – mi sa che mi ero dimenticato di lavare i piatti o qualcos’altro del genere – così ad un certo punto volò al mio indirizzo la brutta parola “fascista”. Lì per lì me la presi, ma poi lui – resosi conto che io avevo accusato il colpo e che me l’ero particolarmente presa – si scusò immediatamente con me per quel che aveva detto, cosicché facemmo la pace. Dopo non demmo più peso all’episodio, tuttavia io feci solo finta di dimenticarmene. Nel corso di quella mia permanenza all’estero, infatti, feci caso ad una cosa, cioè il peggiore insulto che si potesse fare ad una persona, quello più annichilente – che non lasciava spazio ad alcuna replica in quanto aveva la funzione di stroncare e basta! – era appunto dirgli “fascista” e non “comunista”, come invece avviene normalmente in Italia. Paese questo dalla memoria fin troppo corta e a cui evidentemente non è bastata la lezione impartitagli dalla storia “maestra di vita”, secondo Cicerone. “Chi dimentica la storia è condannato a ripeterla” recita non a torto un filosofo dei nostri giorni di nome Carlos Santayana…
Ora io non mi capacito di come possa risultare più offensivo dire “comunista” ad una persona in Italia, dal momento che il comunismo o i comunisti – almeno nel nostro Paese – sono stati fra i “padri” del nostro attuale Stato democratico e libertario; mentre dire “fascista” offenda, ma neanche poi più di tanto, nonostante ciò abbia implicato per il nostro Paese l’alleanza disastrosa con un altro regime ancor più anti-democratico e liberticida di quello mussoliniano, quale quello hitleriano, la cui follia per giunta ha causato lo sterminio scientifico di sei milioni di persone per vari e tutti incomprensibili motivi razziali. Eppure c’è chi, sempre nel nostro Paese, ancor oggi aizza le “teste calde” fra le componenti più isteriche delle folle, smorzando i toni d’accusa e quasi arrivando a giustificare talvolta allarmanti episodi di xenofobia.
Mi ricordo di aver ascoltato, qualche tempo fa, un’intervista che mi ha molto scioccato. Era di domenica e perciò - che pretendete - in televisione mandavano in onda la giornata di campionato appena conclusasi condita in tutte le salse, con interviste a persone legate al mondo del pallone. In questa intervista, appunto, ebbi modo di ascoltare l’infelice risposta del presidente di un importante club calcistico, il quale, sollecitato da un giornalista a commentare i cori razzisti piovuti dalle curve a dei giocatori di colore, disse senza particolari remore di coscienza “son solo dei ragazzi un po’ anti-conformisti, non bisogna scordarselo” “E chi se lo scorda, brutto bacucco che non sei altro” avrei voluto rispondergli io a quel presidente. Se fare cori razzisti allo stadio significa essere anti-conformisti, allora che dire di quei giovani che si ostinano invece a scendere nelle piazze di tutta Italia a manifestare in favore della pace? Forse che siano costoro dei conformisti? Chissà… Mi piacerebbe sentire cosa ne pensa in proposito questo “tollerante” presidente-opinionista, peccato solo che sia “tollerante” proprio con chi non sa nemmeno cosa significhi la parola “tollerante”: immagino il povero Voltaire, uno dei fautori del “pensiero tollerante”, si sia rivoltato nella tomba…
Più che con lui, però, devo dire che ce l’ho con quel giornalista che gli ha posto l’incriminata domanda e che non ha saputo fare, secondo me, il mestiere per cui è pagato, ossia rispondere a tono a chi dice delle idiozie. D’altronde, però, anche qui c’è ben poco di che sorprendersi, lo stato comatoso in cui è il giornalismo-militante del nostro Paese è lampante e sotto gli occhi di tutti quelli che non hanno “travi obnubilanti” conficcate in essi. Quando uno ti dà una risposta del genere, come fai - dico io - a non fargli subito una seconda domanda, molto più scomoda della prima? Un tipo come quello dovrebbe essere inchiodato e smascherato per quel cane-razzista-perbenista che è!
Un regime comincia a prendere le mosse quando la stampa comincia ad assumere posizioni moderate ed equivoche su questioni che avrebbero bisogno invece di partigianeria e - perché no - anche di maggiore fermezza, cioè che sappiano imporre categoricamente “ciò che è giusto da ciò che è sbagliato”. Si veda per questo l’esemplare film-documentario Viva Zapatero! di Sabina Guzzanti, la quale accusata “a destra e a manca” – è proprio il caso di dirlo – di non saper fare il suo mestiere di “autrice satirica”, risponde con notevole pertinenza di contenuti a coloro che l’accusano, portando la testimonianza satirica di chi vive di satira (anche se, di questi tempi in Italia, ciò significa fare la fame o quasi…) e non secondo la discutibilissima opinione di alcuni incompetenti e quel che è peggio impertinenti burocrati, i quali preferiscono che certe verità vengano taciute per non far torto al Padrone di tutto quel che appare e “scompare” in televisione… Che lo si voglia o meno, noi italiani viviamo precisamente in un “regime psicologico” più soft di quello mussoliniano, ma pur sempre di stampo “fascista”, che è teso ad intimorire tutte quelle persone considerate “dissidenti”, le quali pur avendone di cose da dire controcorrente, talvolta non le dicono proprio per paura di perdere il loro “prezioso” posto di lavoro…
Del resto, voi direte, come biasimare questi “innocenti” lavoratori del servizio pubblico di fronte al funesto rischio di “cassa integrazione”. Probabilmente molti di noi al loro posto farebbero altrettanto ed è proprio questo il motivo che induce in Italia a non scandalizzarsi poi più di tanto a votare politici implicati con la “mafia”. Difatti che importanza volete che abbia, se costoro convivono con essa accettandone le mazzette, anzi… Questi poveretti “perseguitati” nel migliore dei casi vengono considerati “salvatori della patria” o nel peggiore relegati a qualche seggio alla Camera o al Senato, sputaci un po’ sopra… Questa è l’Italia, signori miei. È inutile prenderci in giro. Non so voi, ma io francamente sono stufo di essere preso in giro! Alle prossime elezioni politiche d’Aprile c’è in ballo la nostra credibilità internazionale, mica “pizza e fichi”. Perciò bisogna andare a votare per mandare a casa chi ha riscritto la nostra imprescindibile “carta costituzionale” per fare gli sfacciati comodi propri. Non facciamo i soliti italiani-menefreghisti: tutto quello che faremo “contro” il nostro Paese si rivolterà “contro” noi diretti interessati, non è che “altri” pagheranno al posto nostro, a meno che non vogliamo considerare i nostri “figli” quegli “altri”…
Come diceva il grande J.F.K. : “Non chiedetevi cosa può fare il vostro Paese per voi. Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro Paese”. Seguiamo l’insegnamento dell’Uomo Ragno – eh già, è proprio vero che non si finisce mai d’imparare, persino i supereroi dei fumetti hanno una lezione da impartirci! – “da un grande potere deriva una grande responsabilità”. Non dobbiamo mai dimenticarci che “la libertà che abbiamo ce la siamo conquistata!” – come viene detto nella pellicola rivelazione della Guzzanti – e ora che essa è di nuovo in grave pericolo non dobbiamo aver paura a ridiscendere nelle barricate e a riconquistarcela proprio come fecero i “nostri padri parigini” nel lontanissimo ’68. La libertà di espressione nel nostro Paese è ormai ridotta ad un avanzo di “carogna putrescente” attorno alla quale si aggirano numerose “iene imbastardite”. È tempo di “cambiamento”: è tempo di “rivoluzione”! Ci scommetto quello che volete: molti di voi staranno senz’altro dandomi del pazzo farneticante che parla in questo modo di “temi tabù”, quali “rivoluzione e cambiamento”, a degli italiani: il secondo popolo più conservatore del Globo terracqueo dopo quello vaticano. In realtà, però, la rivoluzione di cui vi parlo è molto meno cruenta di quanto lascino intuire le mie “violente” parole.
Un professore all’Università me l’aveva già cantata tempo addietro “figliolo se solo adesso si pagasse con il proprio sangue ogni singola parola detta, come qualche secolo fa, tu allora saresti già morto ogni volta che apri bocca!” Non lo trovate un gran bel complimento? Io sì…
Comunque ritornando alla “rivoluzione” di cui mi sono fatto agitatore, le uniche vittime nella mia personalissima “lista di proscrizione” sarebbero gli attuali programmi televisivi - con buona pace di mia nonna, che speriamo non legga mai e poi mai questo mio scritto, altrimenti son sicuro mi lincerebbe vivo: guai a toccarle Bonolis… Scherzi a parte, se di “rivoluzione” si può parlare in Italia al giorno d’oggi: la “vera rivoluzione” da attuarsi, secondo me, è quella del “palinsesto televisivo”, ripristinando - ad esempio - programmi che oltre a “fare ridere”, riescano anche nell’arduo compito di “far riflettere” gli spettatori.
Non so, forse sarò diverso dagli altri, ma proprio per questo credo sia mio preciso dovere parlare diversamente. Tuttavia voglio sperare di non essere il solo, voglio sperare che in Italia ci siano migliaia d’altri “cervelli anomali” come il mio. Se non altro per il piacere di stare in compagnia. Piacere questo che non conosce mai eguali a dire il vero… Ma in fin dei conti voglio essere ottimista e credere che ce ne siano molti come me. Speriamo solo che, con il nostro infaticabile e rumoroso “cicaleccio”, riusciremo un po’ a smuovere dalle acque del torpore quei milioni d’italiani indecisi. A loro, infatti, vanno aperti gli occhi per veder chiaramente l’immane pericolo costituito da questa “destra anomala e nostalgica” per il bene del nostro amato Paese. Qui da noi, esattamente, non si tratta di scegliere tra una “destra conservatrice” e una “sinistra riformatrice”, come in tutti gli altri Paesi “normali” europei. Noi italiani, come al solito, dobbiamo farci riconoscere sempre nel bene come nel male. Di fatto rappresentiamo un anomalia di non poco conto nel “cuore pulsante” di un’Europa che andrebbe rafforzata invece che dileggiata, come spesso purtroppo avviene ad opera di alcuni scaricatori-di-responsabilità esponenti di una destra a dir poco “irresponsabile”. In questo do pienamente ragione al mio amico transalpino, che non me ne vogliate almeno voi miei lettori…
Ad ogni modo, in caso di nuova avvenuta catastrofe politica in Italia, io ho già pronto il rimedio per togliermi da ogni imbarazzo e non dovermi più vergognare agli occhi di compagni di altre nazionalità. Stavolta sono pronto a correre ai ripari e ad accettare la deriva con il “salvagente” in caso di “naufragio” della barca-Italia mal governata e portata in acque poco tranquille da piloti senza scrupoli e mercenari, pronti a svendere la propria e l’altrui dignità, persino della loro stessa madre… Non sopporterò più oltre gli insopportabili arbitri della “dittatura della maggioranza”. Vorrà dire che se voialtri deciderete di affondare, affonderete pure, ma non con me. E mica se tutti sono “fessi” significa che anch’io devo esser per forza “fesso”, giusto no? Se il mio Stato è rappresentato da una “manica di cretini” perché mai io dovrei sentirmi rappresentato da esso? Non sarei forse meno ipocrita di molti altri a chiamarmene al di fuori? Naturalmente ho estremizzato la questione cruciale; tuttavia l’ho fatto apposta per meglio ingigantirla con la lente d’ingrandimento, cosicché la si possa veder luccicare meglio in tutte le sue molteplici sfaccettature. Ad ogni buon conto vi prego di rifletterci sopra, ci terrei a essere preso sul serio: poiché serie sono le mie intenzioni. In sostanza, come direbbe il buon Totò, “qui lo dico e qui lo nego”: se vince quello lì divento apolide… E se idealmente vorrete venirmi a cercare, sappiate che andrò ad abitare nell’immaginaria, ma non per questo meno allettante isola d’Utopia, in buona compagnia del mio amico di “lunga data” Tommaso Moro… Ah, quasi dimenticavo, le coordinate longitudinali e latitudinari per rintracciare questa sperduta e fantastica isoletta in mezzo all’Oceano sono: da qualche parte a sinistra là dove batte il cuore…
Prima d’interrompere la comunicazione dalla Repubblica “immaginaria” di Krakozia, dove sono ospite durante questo transitorio periodo di campagna elettorale, per non sembrarvi troppo “politically scorrect” – com’era esattamente nelle mie intenzioni, tengo a precisare – vorrei in conclusione raccontarvi un altro episodio accadutomi ad un party in Inghilterra sempre in veste di studente “erasmus”, che rievoca alla mia sempre più affievolita memoria il “caro” nome di Zapatero, per me intriso di speranza in una società migliore e soprattutto “possibile”…
Si stava parlando fra ragazzi e ragazze e, come da convenevoli ci si chiedeva la nazionalità e quando fu il mio turno, una ragazza visti i miei tratti mediterranei mi fa “tu scommetto che sei spagnolo”; così io le risposi con il sorriso incorniciato sulle labbra e con l’aria di chi aveva appena ricevuto un gran bel complimento “no magari, sono italiano… però tifo Zapatero!”. Con ciò, “passo e chiudo”, non ho nient’altro da dirvi, per ora almeno…
E mi firmo vostro affezionatissimo,
Viktor Navorski
(l'indimenticabile protagonista del film di Steven Spielberg The Terminal, interpretato da uno straordinario Tom Hanks).
2 commenti:
in certi momenti ti vengo dietro poi delle volte ti perdi sono contento delle tue certezze non e' detto che le tue sono verita'parli come se tu avessi le ricette per tutto A.E.
Sono d'accordo con te.. ho trovato il tuo blog perchè su google ho cercato "apolide" quale io vorrei diventare..
Rinunciare alla cittadinanza italiana per me, che ho vissuto in Germani 5 anni fantastici, sta diventando una sorta di sogno nel quale vorrei tuffarmi quanto prima..
So che non si può rinunciare alla cittadinanza italiota senza averne una secinda a cui aderire.... mi informerò e poi chissà ... magari ti farò sapere.. per i propri sogni si deve lottare....
Buona giornata..
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