di Marco Apolloni
Di recente si è molto discusso sul caso Boffo, che deve il nome dall'ormai ex direttore di Avvenire dimessosi dopo una querelle con l'attuale Presidente del Consiglio. In sostanza, i temi della questione vertono sul problema della vita privata di un uomo con un'importante carica pubblica. Due cordate si sono distinte per le loro equidistanti posizioni sul tema: la prima riconducibile al quotidiano Repubblica – si vedano le famose Dieci domande poste, ma mai risposte, dalla Redazione del giornale romano al nostro Premier – e la seconda al quotidiano (vicino al Premier) Il Giornale. La prima cordata ritiene che non esiste distinzione tra vita privata e vita pubblica per un Primo Ministro. La seconda cordata, più “partigiana” – ovvero “di parte” –, sostiene al contrario che un conto è la vita pubblica del nostro Capo del Governo e tutt'altro conto è invece la sua vita privata. Teoria, quest'ultima, che preciso subito: non condivido affatto.
Perché non condivido che si possa spartire le due vite di un Premier? Per una motivazione semplicissima, che persino il più distratto studioso di politica non può esimersi dal nominare – a meno che il Primo Ministro per lui non coincida con il Suo Datore di lavoro. Tale motivazione è che: come posso io, libero cittadino e in libero Stato, affidare in tutta serenità il potere decisionale ad un uomo che pur essendo impeccabile “uomo pubblico”, nel privato frequenta minorenni e – uso volutamente un eufemismo – “donne dalle facili costumanze” e dia per giunta festini nelle sue ville che – anche qui per usare un eufemismo – non è errato definire “poco ortodossi” per un uomo che, almeno in teoria, dovrebbe dare una certa immagine di sé e del proprio Paese, comportandosi in maniera quanto meno dignitosa.
Un ex inquilino dell'Eliseo – senza fare nomi, per carità – in un'intervista rilasciata ad una testata giornalistica ha confessato delle scabrose confessioni elargitegli, con la complicità da “compagno di bevute”, dal nostro attuale Premier, il quale se n'è uscito con una scappata di questo tipo – se ricordo bene – inerente ad un bidè del suo villino in Sardegna: “Non puoi immaginare quanti bei culi ha visto quel bidè...”! Ora chiaramente se una frase del genere l'avessi detta io, che non ricopro alcun incarico pubblico, sarebbe stata di sicuro innocua e non avrebbe destato altra reazione se non un'amichevole pacca sulle spalle da parte del mio socio. Viceversa detta da un uomo che deve rappresentare all'estero il suo Paese risulta essere ben poco innocua e anzi magari potrebbe dar da pensare, ad esempio a un qualsiasi ex Primo Ministro francese, che per esempio i “cugini italiani” hanno passato il segno e che se hanno democraticamente eletto un siffatto uomo è perché sotto sotto condividono la sua stessa bassa concezione della donna come “oggetto” di cui loro – come affermano taluni avvocati – non sono che degli “utilizzatori finali” e nient'altro.
(Merita una menzione speciale un'altra celebre battuta uscita fuori dalla bocca inconsapevole del nostro Premier, vale a dire lo scherzoso complimento rivolto al Presidente in carica americano, da lui definito come “bello e abbronzato”. Lui ha detto di non aver compreso i motivi per cui l'opinione pubblica si è scandalizzata tanto. Ora: non so voi, ma io li ho compresi i motivi...)
Direte voi ma che c'entra con Boffo il fatto che il Premier frequenta minorenni e mignotte? Purtroppo c'entra perché costui in un pacato editoriale pubblicato su Avvenire – quotidiano come molti di voi sapranno vicino a Santa Romana Chiesa – si è permesso di dire che le magagne private del nostro Primo Ministro sono un tantino sconvenienti. Editoriale che a Boffo è costato il posto di direttore del suo giornale, perché subito la cordata promossa da Il Giornale ha estratto dal proprio cilindro, anziché un coniglio, un documento giudiziario – fino ad allora sconosciuto o comunque sottaciuto – che lascia intendere una torbida relazione avuta dall'ex direttore di Avvenire con un altro uomo.
Il “due più due” che poi è stato fatto – a ragione dalla maggior parte della critica indipendente ancora rimasta in Italia – concerne una sorta di “deficit cronico” della libertà di stampa nel nostro Paese. Poiché, infatti, mettere un giornalista nella situazione in cui non possa più esprimere liberamente la propria opinione sull'operato “scostumato” del proprio Capo del Governo, a meno che non voglia egli stesso venire accusato di un qualche non ben definito “scheletro nell'armadio”, significa – in ultima analisi – imbavagliarlo. Insomma, la morale di questa storia è a dir poco allarmante. La verità è che la libertà di stampa vigente nel nostro Paese è molto “fragile” ed è appesa a un filo sottilissimo che può spezzarsi da un momento all'altro ad un solo schiocco delle dita del nostro Premier. Chiudo menzionando un'attendibile statistica stilata da Report Sans Frontières secondo cui: il nostro Paese godrebbe della stessa libertà di stampa di una qualsiasi “Repubblica delle Banane”, con tutto rispetto per le medesime. Lascio alla vostra coscienza le conclusioni..