2.5.06

La ragazza della jeep

Racconto di Marco Apolloni


Le vicende qui narrate non sono autobiografiche. Vige la finzione letteraria. I personaggi del racconto sono frutto di pura fantasia.

In un affollato villaggio del litorale adriatico lavorava un ragazzo di nome Esteban, che di mestiere faceva l’istruttore di tennis e nel tempo perso anche l’animatore, pur non avendone decisamente i connotati. Come consuetudine domenicale se ne stava all’accoglienza, davanti alla sbarra d’ingresso del brulicante luogo di villeggiatura. Ad essere sinceri, dall’aspetto sembrava avere ben poca voglia di lavorare o comunque di svolgere quella alienante mansione. Addirittura, da vero stacanovista quale era, se ne stava tranquillamente stravaccato su una ciondolante sedia di plastica ed era immerso in una delle sue letture alquanto impegnative. Non a caso studiava all’università una materia decisamente ostica: la filosofia. Durante tutto l’arco della mattinata, e gran parte del pomeriggio, gli era sfilata davanti una sfilza di vetture di villeggianti visibilmente sconvolti. Tutta colpa dell’estenuante viaggio, che li avrebbe portati alla destinazione delle loro sudate vacanze, così lungamente vagheggiate nelle nebbiose giornate invernali in Val Padana – da dove proveniva la stragrande maggioranza della clientela.
Era il primo di agosto ed il clima era piuttosto afoso. Saranno state all’incirca le sei e mezza di quel pomeriggio asfissiante – vale a dire l’orario in cui il giovane avrebbe dovuto ricevere il cambio alla sbarra da un altrettanto svogliato collega – quando una jeep mezza scalcinata, dall’inconfondibile ronfare singhiozzante, aveva imboccato in piena velocità il viottolo alberato. Esteban un po’ seccato mise da parte il libro che stava leggendo, Il diario del seduttore di Soren Kierkegaard. E alzandosi in piedi in tutta la sua considerevole mole, seppur con un pizzico di malavoglia, richiamò all’ordine la spericolata autista di turno.
«Senti un po’… Volevi sfondarci la sbarra arrivando a quella velocità furibonda? Ti sembra il modo di guidare dentro un posto del genere? Avrebbero potuto esserci dei bambini nei paraggi».
Il giovane istruttore-animatore vide che nella jeep incriminata vi erano tre ragazze, due davanti e una dietro. Preso dall’incavolatura del momento, però, non ebbe modo di vederle bene in viso.
«Ma no, mi scusi, non volevo di certo, ci mancherebbe altro. Il fatto è che siamo letteralmente distrutte dal viaggio e la voglia d’arrivare era tanta, perciò…»
«Va bene ho capito. Immagino abbiate trovato, come al solito, traffico a Bologna. In quella fogna di svincolo si rimane sempre intrappolati come dei topi, a tutte le ore del giorno e della notte. Io in vita mia non ricordo d’aver mai trovato via libera da quelle parti»
«Già, pazzesco. Scusa la domanda ma… È questo l’ingresso del ricevimento? No perché io ho seguito ciecamente le indicazioni»
«Certo. Ah, scusatemi voi se non mi sono ancora presentato. Mi chiamo Esteban e sarò il vostro istruttore di tennis, ammesso che vogliate venir a provare qualche colpo. Per qualsiasi informazione riguardo ai campi, l’affitto delle palline o delle racchette, d’ora in poi sapete pure a chi rivolgervi, sarò a vostra completa disposizione»
«Niente di personale, sul serio, ma io e il tennis non andiamo granché d’accordo. Non so le mie amiche… Comunque io mi chiamo Isa mentre loro sono Jessica e Katrina. Veniamo dalla Brianza»
«Ciao»
«Ciao»
«Ciao a tutte. Io invece sono di queste parti, marchigiano purosangue, non so se si sente dall’accento. Che volete… Cerco di nasconderlo ma a volte mi scappa di sfuggita qualche parolina con la cadenza locale. Conosco poco la vostra zona, a dire il vero, ma da come se ne parla non si dovrebbe star poi così male; posti per divertirsi dovrebbero essercene parecchi, poi avete vicino Milano, la “City”, quindi figuriamoci…»
«A quanto pare non ci possiamo proprio lamentare»
«Beh, non mi resta che augurarvi una buona villeggiatura, tanto presumo ci rivedremo presto. Magari già da stasera in discoteca, dopo lo spettacolo di presentazione in anfiteatro. Sono sicuro che se verrete, di certo non ve ne pentirete»
«Grazie per il suggerimento e scusa ancora per prima. Beh, che dire… Intanto piacere d’averti conosciuto, ci si ribecca in discoteca»
«Senz’altro. Il piacere è tutto mio. Ora se non vi dispiace vi alzo la sbarra così almeno potete scaricare in pace i vostri bagagli. Una volta entrate ci sarà una specie di facchino di fronte all’ingresso, che vi darà una mano nell’arduo compito di scaricamento»
«Grazie mille, a più tardi…»
Nel frattempo, dentro la jeep, le ragazze discutevano animatamente della fresca conoscenza maschile appena fatta.
«Belloccio l’istruttore di tennis, che ne dite belle? Ad essere sincera, una partitella con lui la farei volentieri, ma non necessariamente a tennis…»
«Sei la solita “zoccolaus” Jessy. Tutti quelli che vedi vorresti farteli lì per lì»
«Zitta tu Katrina, non fai testo. Poi senti chi parla: la Moana Pozzi della Brianza, almeno nelle intenzioni. Anche se poi negli effetti... Scherzo! Dimmi un po’ Isa, ma a te che impressione ha fatto quel tizio? “Fattibile”, non trovi?»
«Ma che ne so. Lo sapete che non ho intenzioni bellicose quest’estate: sono venuta qui al mare solo per rilassarmi, abbronzarmi e bailar in discoteca. E anche se fosse, di certo non cerco quella tipologia di maschio: l’animatore. Anche se è carino e so che ci sono decine di teen-agers che gli sbavano dietro, non me lo filo per principio. E poi mi sta pure antipatico»
«Inutile che fai tante storie Isa, non sei credibile nei panni di Maria-Goretti-la-santarellina. Vallo a raccontare a chi non ti conosce, furbetta che non sei altro. Riparliamone fra qualche giorno. Voglio proprio vedere come ti comporterai al cospetto di una preda così ghiotta»
«Te l’ho già detto Jessy, però pensala un po’ come ti pare. Tanto parlare con te o parlare con un muro è la stessa cosa».

Intanto Esteban aveva da poco finito di cenare e se ne era ritornato in camera – una bettola d’appartamento – per il consueto sonnellino pre-serale. Insieme a lui dormivano altri due colleghi-coinquilini: "Anaconda", trentenne bagnino amazzone proveniente direttamente dalla Foresta amazzonica, e Riky, mite arciere del gruppo, peraltro compaesano di Esteban. I due erano distesi nei loro rispettivi letti e russavano beatamente, felici come dei cuccioli di lupacchiotti. Cosicché anch’egli si risolse a distendersi e a chiudere finalmente gli occhi, che a malapena riusciva a tenere aperti. Già, perché le stanchezze della stagione cominciavano a farsi sentire: le interminabili ore di lezione sui campi durante il giorno, le ore piccole la sera. E come se non bastasse, ci si mettevano pure le giornate d’accoglienza degli ospiti. A dir poco snervanti…
Quasi rimpiangeva gli anni d’oro del liceo, quando si sparava delle pallosissime ore di religione. Almeno lì poteva costruire gli aeroplanini coi suoi compagni di banco oppure tirare rotoli di carta igienica inzuppata addosso a quel “ciellino” nonché “pederasta” del suo professore. Anche perché, si sa, a quell’età basta davvero poco per divertirsi, purché si resti tutto il tempo in compagnia...

Da qualche giorno l’abbacchiato giovane era straniato e giù di corda. Gli giravano le scatole e se ne stava parecchio tempo in catalessi, solitario, trasognato... Apparentemente senz’alcuna ragione, anche se interiormente si sentiva pressoché svuotato, tipico segnale di un’imminente “crisi mistica”. Era già da un po’, infatti, che l’invisibile reticolato dei suoi pensieri lo portava a sragionare nel seguente modo: “Che ci sto a fare qua dentro? È un posto talmente grottesco, non fa decisamente per me. Non mi ci ambiento. Non riesco a combinare niente di buono e non ho mai tempo per fare le mie cose. Per giunta ho perso i miei spazi e litigo un giorno sì e l’altro pure per futili motivi, con chiunque…” e via dicendo. Insomma, le cose per lui non andavano affatto bene, avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche e farsi coraggio per conto proprio, come aveva sempre fatto da molti anni a quella parte.
Del resto il suo caratterino non gli difettava più di tanto; anzi era quasi sempre stata la sua arma in più che lo tirava fuori dai pasticci quando vi si cacciava, per quel mulo che era. Alla formazione di questa sua personale inclinazione avevano contribuito anni e anni di feroce agonismo sui campi da gioco, che lo avevano anzitutto plasmato a immagine e somiglianza di un gladiatore. Quando si trattava di risollevare il capo, infatti, lui non si tirava mai indietro; anzi, ci andava a nozze. Sembrava fatto apposta per combattere, nelle maniere più impensabili e inimmaginabili. Non gettava mai la spugna! Indomito era l’aggettivo migliore per descriverlo.
Tuttavia era da un po’ di tempo che avvertiva dentro di sé un lancinante bisogno. Ogni sacrosanta mattina si svegliava completamente a bocca asciutta, con la perenne convinzione maturata nell’animo che gli mancava davvero qualcosa di non meglio precisato. Una sensazione d’incompletezza dominava la sua sciatta esistenza. Non ne poteva più del suo cinismo e di passare le sue ore interminabili di studio leopardiano sopra i libri. Era diventato glaciale e si odiava per questo! Dentro di lui ardeva un “fuoco segreto”, pronto a divampare da un momento all’altro in una sola fiamma guizzante. Ma per accendersi aveva bisogno di quel qualcosa sconosciuto, che venisse a risanare le ferite della sua anima lacerata.

Nel frattempo, in una stanza d’albergo qualche piano sopra, tre ragazze stavano pianificando la loro folle e devastante serata di divertimenti.
«Ragazze, vi dirò… Sono stremata dal viaggio, ma che importa?! Non vedo l’ora che arrivi stasera per scatenarmi in pista. Voglio buttarmi alle spalle lo stress della città e darmi alla pazza gioia»
«Hai proprio ragione Isa. Io non ne posso più: quel caldo incredibile, per non parlare poi delle code interminabili lungo il tragitto. Mi hanno distrutta! Mi sa tanto che stasera nemmeno esco»
«Ma tu sei già uscita… Di cervello, però. Come fai, dico io, anche solo a concepire simili idiozie? Certe volte, sai, proprio non ti capisco. È da un anno che aspettiamo questo momento e tu vuoi rovinare tutto rimanendo in camera la prima sera, quando bisogna prendere maggiore confidenza con il posto, ampliare le conoscenze, divertirsi come delle forsennate, ballando e magari anche… Finisce sempre con “ando”…»
«Sei la solita esagerata Jessy. Comunque non hai tutti i torti. Katy, ma si può sapere che ti prende, scuotiti un po’. È tutto l’anno che aspettiamo questo momento e tu vuoi sciupare il primo giorno standotene a dormire. Eh no, così non si fa. Lascia perdere Jessica e il modo poco carino con cui ti ha detto quelle cose, però vedi di darti una mossa e di strisciare veloce in doccia, così dopo ce la facciamo anche noi. Non vorremo certo presentarci di sotto in questo stato. Sembriamo tre sconvolte»
«Sentito cosa ti ha detto? Muovi le chiappe e sbrigati, mi raccomando…»
«Uffa, mi avete convinta. Vado e torno!»
«Prima che si faccia tardi, però… Noi intanto finiamo di disfare i bagagli»
«Concordo in pieno. Vedi di fare in fretta, piuttosto…»
Dopodiché Katy se ne andò dritta in doccia, mentre le altre due conversarono un po’ della loro vacanza in generale.
«Spero tanto che qualche uomo possa deflorare quella bestiola…Povera ciccina!»
«Hai perfettamente ragione, Jessy. Ma d’ora in poi facciamo in modo che non sia più così. Io voglio far baldoria tutte le sere. Tu vienimi incontro e vedrai che ci piglieremo qualche bel maschione»
«Affare fatto!»
Le tre ragazze, dopo essersi date una bella rinfrescata, si acconciarono per bene ed andarono a cena nel sontuoso ristorante del villaggio, dove consumarono un lauto pasto. Dopodiché seguirono il suggerimento dell’animatore, conosciuto nel pomeriggio, ed andarono in anfiteatro a vedere lo spettacolo di presentazione dell’equipe: videro sfilare i ragazzi dello staff uno ad uno. Lì riconobbero il giovane che le aveva accolte al ricevimento. Era vestito come un impeccabile tennista-baronetto, in un classico completo bianco immacolato in perfetto wimbledon style, con in mano il diabolico attrezzo tennistico: la racchetta, una Babolat Pure Control che sparava dei missili terra-aria da far paura. Esteban la sapeva maneggiare con esibita professionalità, eccome, così da far invogliare la clientela.

La serata soporifera annoiava mortalmente le tre brianzole indemoniate, che fremevano dalla voglia di andare a sfogarsi in discoteca, per culminare nel migliore dei modi quella loro serata battesimale. Presto furono accontentate. Lo spettacolo terminò come da copione per le undici in punto, dopo nemmeno un’ora dall’inizio. I ragazzi dell’animazione accompagnarono i mille e passa ospiti nella discoteca del villaggio, suddivisa in tre sale - molto capienti - a seconda del genere musicale che i rispettivi Dee-jays vi facevano pompare all’interno: una commerciale, una revival e una latina. Le tre ragazze si diressero senza esitare verso la sala latina, che prediligevano rispetto alle altre in quanto erano amanti di quel genere musicale, che adoravano bailar. La sala oltretutto era anche la meno affollata: quella commerciale era piena di “truzzi” dalle movenze sincopate, mentre la revival era gremita di “discotecari” d’annata. Così le brianzole rimasero tranquillamente in disparte, finché un paio di animatori vennero, per così dire, ad importunarle e le invitarono a ballare. Invito peraltro accettato da esse.
«Ehi, ragazze… Mi chiamo Mario. Nuove arrivate? Prima volta… In un villaggio, intendo? Da dove venite?»
Un po’ seccate dall’imbecillaggine del tipo, risposero in coro: «Da Monza e Brianza».
«Ah, com’è che si dice… Vai a Monza e torni lonza. Ah ah ah!»
«Ma quanto è babbo questo?» si dissero di nascosto le tre, piantandolo in asso. Però Jessica, intravedendo una possibilità di sfogare la sua ninfomania, ci fece un pensierino e, dopo qualche bicchierino di troppo, scomparve col tipo.
Quel che succede nei paradisi per turisti, quali sono i villaggi, è risaputo ma troppo spesso taciuto. Mentre in realtà sarebbe un ottimo esperimento sociologico quello di indagare a fondo le motivazioni che portano mandrie di ragazze a cedere così facilmente al fascino dell’animatore. Forse perché, facendo le santarelline in città, fuori casa si sentono liberate da ogni preoccupazione di apparire per quelle che sono realmente: delle normali ragazze con delle normali pulsioni. Lo stesso discorso vale per i ragazzi, anche se nel loro caso, ai giorni nostri, più che parlare di sesso sfrenato si dovrebbe parlare piuttosto di sesso problematico. Già, perché nel settore si sta avendo una grossa “crisi”, perlomeno a livello giovanile. Infatti sempre più ragazzi incontrano molteplici difficoltà nell’avere un rapporto sessuale degno di questo nome e si accontentano pertanto di tristi surrogati, quali nel migliore dei casi la fellatio e nel peggiore invece l’auto-erotismo. Giovani “segaioli” crescono, mentre le povere adolescenti si trovano costrette ad affidarsi a sedicenti professionisti del settore (gli animatori, appunto), libertini sfaccendati e girovaghi, né carne né pesce, senza arte né parte, i quali si sacrificano per la causa, inneggiando alle sessantottine libertà sessuali e deflorando le “Maria Goretti” della situazione.
Gli animatori sono come degli orsi Grizzly: d’estate si fanno una bella scorpacciata sessuale leccandosi i baffi come fossero spalmati di miele; d’inverno invece si mantengono sessualmente attivi con le riserve letargiche delle loro conquiste estive. Infatti, i villaggi sono luoghi di protervia e lascivia, ove il peccato regna sovrano e all’ordine del giorno perdurano le “batterie” – lussuriose abbuffate di sesso in perfetto stile Eyes Wide Shut di Kubrick.

Intanto Katrina e Isa, per ammazzare un po’ il tempo, accettarono di ballare con altri due animatori, che si erano presentati e offerti come ballerini da strapazzo.
Nel frattempo l’adone-tennista del villaggio, in versione serale, s’aggirava sconsolato per le sale della discoteca e come di consueto, per ultimo, si diresse anch’egli nella sala latina, ideale per svolgere in un clima umano e confortevole la sua mansione serale di public relations, che in fin dei conti non gli era del tutto sgradita. Di sicuro, infatti, lui preferiva farsi quattro chiacchiere con la gente piuttosto che esibirsi in quelli che lui reputava dei banali e demenziali “balli guidati”. Vista la sua buona parlantina, il capo animazione era condiscendente a questa oramai consolidata abitudine del giovane indigeno. Del resto, in uno staff così ben nutrito, avevano bisogno di persone del calibro di Esteban, capaci di intrattenere piacevolmente la clientela in una brillante conversazione senza dover fare a tutti i costi “il Fiorello” della situazione. Un vero e proprio complesso di cui soffre la stragrande maggioranza degli animatori del Belpaese, fatta eccezione per quelli che, come lui, se ne fregano altamente di diventare fenomeni da baraccone.

Come al solito, il giovane si fece servire un daiquiri, consistente in rum chiaro con tanto ghiaccio e succo di limone, nonché bibita prediletta da Hemingway, uno dei suoi beniamini letterari. Questo cocktail, a dire il vero, non è che gli piacesse un gran ché, ma secondo lui faceva un sacco chic berlo e perciò si tappava il naso e ingoiava il rospo tutto in una volta.
Appoggiato di schiena al bancone del bar posò il suo sguardo scrutatore qua e là, in giro per la sala, per controllare la fauna umana e per vedere con chi era meglio attaccar bottone per primo, giusto per rompere il ghiaccio e guadagnarsi i soldi dello stipendio. Inizialmente conversò con due fidanzatini emiliani piuttosto simpatici. Poi avvistò un altro duo, stavolta marito e moglie, dall’accento spiccatamente romano (le coppie erano la sua specialità): erano accaldati dal ballo appena concluso e se ne stavano seduti in disparte su delle poltroncine a rifiatare. I suoi modi risultarono talmente affabili e cortesi, tanto da convincere entrambe le coppie a fare una lezione con lui l’indomani pomeriggio. Una cosa era certa: quel giovanotto aveva l’aria di saperci fare con la gente. D’altronde, dopo ben quattro stagioni alle spalle in luoghi di villeggiatura, sapeva come le persone in vacanza si trasformano e sono facilmente conquistabili; persino le più spilorce, pur di farsi vedere magnanime in vacanza, sono disposte a sborsare somme impensabili, contrariamente a quanto farebbero nelle loro opache città.
Per quella serata Esteban aveva già dato abbastanza e si era procurato una discreta clientela per il giorno successivo. Niente male come primo giorno della settimana!

In mezzo alla pista il trio brianzolo si era ricompattato, dal momento che Jessica aveva lasciato il suo nuovo “amichetto”, appena spolpato, per tornare dalle compagne di ventura.
«Bentornata “zoccolaus”. Divertita?»
«Lasciamo perdere. Dopo qualche innocente bacetto e dopo frasucce strappalacrime del tipo “appena ti ho vista, sono stato rapito dalla tua bellezza”, subito le sue mani si sono spinte oltre il dovuto…».
«Il solito maiale!» sentenziò “l’esperta di molestie sessuali” Katrina, immacolata dalla nascita.
«A parte questo spiacevole episodio, voi cos’avete combinato?»
«Abbiamo ballato un po’ con due animatori sciamannati, ma li abbiamo mollati immediatamente».
Finite le danze, infatti, si erano congedate dai loro rispettivi ballerini, dato che non erano disposte a spingersi oltre.
Dopo un po’ Jessica avvistò per prima, a ore dodici, la nuova “preda” Esteban e subito fece un cenno col capo alle altre per farsi seguire all’arrembaggio.
«Cosa ci fa un bel tenebroso come te, solo soletto, ai margini della pista? Che fai, non balli?»
Lì per lì lui non ricollegò le facce delle ragazze che aveva davanti, anche se intuì dal loro tono di averle già conosciute, magari durante le sue recenti ore di ricevimento. Comunque fin da subito, con la coda dell’occhio, si interessò a una delle tre. Ad essere esatti, non si trattava di quella che aveva aperto bocca e che evidentemente doveva essere la più loquace del gruppo, bensì una delle due che non aveva ancora fiatato.
«Infatti non ballo. Non ho mai ballato da quando sono qua, né ho mai avuto un buon motivo per farlo»
«Che strano! Eppure, visto che siete animatori, dovreste saper ballare più o meno tutti» disse Isa.
Quella voce gli fece venire subito in mente la ragazza della jeep, quella che per poco non si era schiantata contro la sbarra del ricevimento per quanto guidava a folle velocità. Finalmente il tennista vide bene chi aveva davanti, dato che il pomeriggio aveva avuto poco modo di vederla chiaramente in viso. E bisogna dire che quel che scorse gli piacque molto, ma non solo… C’era qualcosa in lei che non gli era ancora chiaro, ma che avrebbe compreso da lì a poco…
«Esattamente, tutti ballano tranne me. Diciamo che non sono un conformista. Odio quelli che si impasticcano con la stessa musica caotica. Proprio non mi piace. Preferisco restarmene in disparte e parlare con la gente. Sono un umanista io e questo lavoro perlomeno mi permette di incontrare un gran numero di persone ed ampliare il mio già nutrito campionario di conoscenze. Credo di non far torto né alla mia né alla vostra sensibilità, se vi confesso in tutta libertà di vederne di cotte e di crude».
Si dà il caso che nei villaggi si possano incontrare delle giovani e fresche coppiette, che durante la loro romantica luna di miele si cornificano a vicenda rispettivamente con l’animatore e l’animatrice di turno. Ma fortunatamente le coppie non sono tutte così; ci sono pure quelle che passano più tempo in camera ad assicurarsi la progenie, piuttosto che in sala-ristorante, in spiaggia o in anfiteatro… Esistono anche giovani mammine, apparentemente perbene e puritane, che si fanno “coprire d’attenzioni” (solitamente nei cessi-tuguri o ripostigli-topaie annessi alla discoteca) dai fortunati Dj di turno, i quali sono i veri e propri “Re del pollaio-dance”. Una volta finiti i loro “servizietti”, tali matrone-meretrici ritornano come se niente fosse dai loro graziosi figliocci e li ricoprono a loro volta di baci affettuosi, dopo averli appioppati ai rispettivi maritini rincretiniti. Alla faccia della fedeltà! Si vedono certe scornate, peggio dei cervi a primavera. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di mariti ultra-quarantenni, brizzolati e grigiastri – stile Richard Gere in Ufficiale gentiluomo –, perlopiù affaccendati uomini d’affari, in vacanza con le loro “strafedeli” e pimpanti mogliettine.

«Ma ci hai riconosciute almeno?» chiese Jessica rivolgendosi a Esteban.
«Certo che sì. Ho solo ventidue anni, ragazze, non sono mica rincoglionito. Ci è mancato poco che mi mettevate sotto stamani»
«Loro non hanno nessuna colpa. C’ero io al volante. Sai di solito non guido così male, ma oggi non ce la facevo veramente più, non vedevo l’ora di arrivare e appena ho visto il cartello d’indicazione del villaggio… Non so cosa mi abbia preso» si giustificò Isa. E mentre diceva queste parole il suo sguardo penetrò nel suo e percepì immediatamente una strana sensazione, completamente inaudita e mai provata prima. Lì per lì non capì la portata della sua attrazione nei suoi confronti.
«Donna al volante, pericolo costante… eh?! Non ti preoccupare, stavo scherzando. Del resto chissà cos’avrei fatto al posto tuo. Tuttavia, episodio a parte, com’è andata la vostra sistemazione in camera? Tutto regolare, no?»
«Tutto regolare…» rispose lei.
«Dite qualcosa anche voi. Possibile che dobbiamo essere sempre noi animatori a far domande?»
«Io ho ventiquattro anni, studio Scienze del turismo e mi sto per laureare» disse inaspettatamente per prima Katrina.
«Davvero interessante!» disse Esteban.
«Anche io ho ventiquattro anni e lavoro in un ufficio di trasporti internazionali. Mi occupo del reparto import-export. La sera, appena posso, mi diverto nei locali e il mio hobby preferito è collezionare bei maschioni»
«Ho afferrato il concetto. E tu, invece, cosa fai?» domandò Esteban a colei che aveva rapito veramente il suo interesse.
«Io invece ho ventitré anni, studio Scienze della comunicazione ma soprattutto lavoro come giornalista, collaborando con alcune importanti testate locali»
«Dici sul serio?! Sai che anch’io sono stato molto combattuto all’inizio? Non sapevo se iniziare la collaborazione con qualche quotidiano della zona o meno, ma alla fine ho rinunciato. Credo d’aver fatto bene. Penso d’avere capito di non essere granché tagliato per quel tipo di lavoro, troppo sbattimento e poi francamente preferisco filosofeggiare. D’altronde tutto ciò che è dozzinale è lontano dai miei interessi e dalla mia visione del mondo: io sono per la qualità»
«Quindi che fai di bello?» gli chiese Isa.
«A parte studiare filosofia, sono uno sciupafemmine patentato. E come avrai notato dalla battuta sono particolarmente simpatico…»
«Beh, allora sei un filosofo?»
«È una parola grossa, anche se non ti nascondo che aspiro a diventarlo. D’altronde credo che, chi più chi meno, tutti lo siamo senza neppure saperlo»
«Molto “filosofica” come risposta, non c’è che dire» ironizzò lei.
«Grazie per il complimento. A tal proposito, c’è un episodio astrale che ha segnato la mia venuta al mondo: l’anno prima che nascessi morì il mio nonno paterno, anch’egli curioso e insaziabile divoratore di libri. Strana coincidenza, non trovi? È proprio vero quel detto che recita: “Laddove ha termine un uomo, ha inizio un altro uomo” »
«Non è poi così tanto strana se tu ne sei stato il risultato…» gli sussurrò Isa con tono alquanto enigmatico.

In verità la ragazza percepiva in lui una forza misteriosa. Quel ragazzo dal viso sbarbatello, tanto da parere più giovane di quanto non fosse, era un tipo alquanto intrigante; da ogni poro della sua pelle emanava un fascino indefinito, che faceva incuriosire molto la ragazza. D’altro canto lui avvertiva in lei una forza altrettanto enigmatica. Quella ragazza dal viso acqua e sapone, tanto da farla sembrare la ragazza della porta accanto, lo attraeva irresistibilmente. Vedendola, sentiva montargli dentro una strana e avvolgente sensazione di beatitudine celeste. Era stanco di combattere. Aveva bisogno di riposo lui. Esattamente, aveva bisogno del meritato “riposo del guerriero”…
«Senti, che ne diresti se ti invitassi a ballare? Però t’avverto, non sono per niente bravo e spero tanto di non pestarti i piedi» le propose.
«Correrò il rischio» accettò con una complicità sottintesa.
Così, estraniando completamente le sue due amiche-comprimarie, lei si fece prendere per mano e portare al centro della pista, dove lui la cinse con inaspettato vigore, facendole sentire la sua calda mano lungo la schiena.
«Non avevi detto che avevi bisogno di un “buon motivo” per gettarti nella mischia?»
«Sei tu il mio buon motivo…»
Detto ciò, i due non parlarono più per tutta la durata del ballo. Sorprendentemente il giovane animatore-tennista si fece onore, muovendosi dapprima un po’ impacciato poi sempre più sciolto, anche perché aiutato dalla maestria di lei – si vedeva ad occhio nudo che ballava con passione. Sembrava avere un diavolo in corpo tanto era brava e si dimenava piuttosto abilmente. La mano di lui pian piano scese sempre più in basso sulla coscia di lei, che dal canto suo non faceva una mossa, anzi rispondeva alla velata provocazione lasciandosi avvolgere con maggiore vigoria. I loro corpi erano avvinghiati in una morsa stritolante, tanto che parevano due serpenti attorcigliati, peccaminosamente, l’uno attorno all’altra. Cosicché il loro ballo si fece di minuto in minuto sempre più sensuale.
Ad un certo punto il Dj mise su una salsa e lui le chiese di concedergli un altro ballo. Lei assentì meccanicamente col capo. La pista si svuotò. Rimasero solo loro due e la musica. Galeotta fu la canzone di Polo Montañez Un monton de estrellas. Fu così che scoccò la “scintilla”. I loro sguardi si baciavano già, mentre le loro labbra fremevano dalla smania inconsulta. Intorno si era creata un’atmosfera surreale, che faceva da scenario alla nascita di un sentimento infinitesimale. La canzone poi si concluse e con essa il loro ballo da immortalare. Lui la invitò a sedersi su un divanetto all’aperto, a pochi passi dalla pista. Lei assentì, piena d’aspettativa. Così i due si sedettero e conversarono un po’ di varie cose, scoprendo d’avere molte cose in comune, vale a dire la passione per: l’avventura, la scrittura, la lettura, la musica, il cinema e tanto altro… Ad un certo punto lui prese in pugno la situazione.
«Che ne diresti se ti facessi da Cicerone e ti mostrassi qualche bel posticino?»
«Perché no» rispose fiduciosamente lei.

Così lui la portò in spiaggia. Lo scenario era davvero magnifico: un cielo sconfinato trapunto di stelle, una sabbia soffice e vellutata, un mare lievemente increspato sul quale spiccava il gioco dei riflessi giallognoli della luna a picco, tanto da far apparire il tutto come il dipinto di Van Gogh Notte Stellata. Come se non bastasse, la loro colonna sonora era costituita dal soave e cadenzato frangersi delle onde sulla battigia. I due si sdraiarono vicino alla riva, stendendo al suolo un telo di panno e coprendosi con una coperta di lana grezza. L’aria profumava di salsedine, che veniva inalata dolcemente dai due giovani, sempre più presi l’uno dall’altra.
«Bel posto, non trovi?»
«Il migliore in cui possa stare in questo momento! Complimenti per la scelta, hai saputo essere un ottimo Cicerone, all’altezza delle mie aspettative»
«Sono lieto che ti piaccia. Guarda lassù in alto: non avevo mai visto, prima d’oggi, un cielo più stellato di questo. Ma mi reputo fortunato, dal momento che ho qui con me la più bella stella…»
«Non ho parole…»
«Non ce n’è bisogno: parlare in questi momenti è del tutto superfluo»
Dopodiché, senza neanche darle il tempo di rendersene conto, egli la baciò fulmineamente sulle labbra. Quello fu un bacio di avvicinamento, quasi un bacio di studio per sondare il terreno. Mai bacio ebbe migliore accoglienza. Dall’altra parte, infatti, lui incontrò una totale accondiscendenza. Le labbra di lei accolsero attivamente quelle di lui. Un po’ come se, ad un livello inconscio, lei avesse già la guardia abbassata e si aspettasse quel gesto, da un momento all’altro; gesto che finalmente venne compiuto con la migliore naturalezza possibile e anche con il miglior tempismo possibile. Lui seppe sfruttare quel momento di debolezza, che immediatamente precedeva l’incontro appassionato di quelle due “materie spirituali”, che si liquefacevano in una perfetta alchimia dei cuori. Cosicché il “velo di Maya” che avvolgeva le cose venne finalmente calato e lui capì che lei era la parte mancante della sua anima, e viceversa. Anche lei capì lo stesso di lui, un po’ come racconta Platone nel Simposio: essi erano originariamente un unico essere, con due teste, quattro braccia, quattro gambe. Ma un bel giorno Zeus e gli altri dèi, minacciati da queste potenti creature e vista la spiacevole ribellione dei Titani – sedata con il loro conseguente annientamento –, decisero di dividerli in due metà separate. Da quel momento in avanti queste creature dimezzate (uomini e donne) furono costrette a vagare nel buio, senza bussola, alla cieca ricerca l’uno dell’altra. Di modo che per unificare le loro scissioni interne, esse furono costrette dapprima a trovarsi, dopodiché a congiungersi, per colmare la loro incessante sensazione d’incompletezza. Sensazione che Esteban e Isa sentirono d’un tratto di aver soddisfatto insieme. Può sembrare incomprensibile ai non esperti ma tale è la potenza di Eros, secondo alcuni il più giovane e secondo altri il più vecchio degli dèi, ma secondo tutti quello indiscutibilmente più potente. Così quel qualcosa d’indefinito che entrambi avevano spasmodicamente ricercato fino ad allora, ecco che inaspettatamente – come tutte le cose belle – si manifestò nella sua pienezza abbagliante: l’Amore…

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Mark!sono cecilia di Roma,la ospite del villaggio!
Scrivere un commento a questo scritto sembra quasi inutile...si commenta da solo!E' stupendo quello che hai scritto, le tue emozioni traspaiono da ogni parola, come il grande amore che provi per lei! Sei stato davvero fortunato, hai trovato l'altra metà della tua mela e questo non è per niente facile..ti invidio molto. Ed invidio lei per aver trovato una ragazzo che la ama così, e che davanti a lei non riesce a fare altro che essere se stesso, con le sue pecche e i suoi pregi. Davanti a questo tutto il resto sembra insignificante, davanti alla vera essenza e rappresentazione dell'amore tutto ciò che sembra indispensabile si rivela per quello che in realtà è..futile!Sono veramente contenta per voi, e spero che la vostra storia duri tantissimo, se non per sempre(ma è meglio non dire niente...sai la scaramanzia!), spero anche io, prima o poi, di trovare la persona giusta, con la quale non ho paura di essere me stessa, che mi capisca, che mi circondi di affetto, che mi rispetti..e lo faccia solo per amore. Grazie per questa storia, riempie di speranza anche le single più assidue come me!

Ville ha detto...

piccola agenda degli errori (non troppo perdonabili per degli iperborei)

Soren Kiergaard è Soren Kierkegaard

scomparì è scomparve

un'umanista, se il soggetto è maschile, è un umanista

il "velo Maya" è più semplicemente noto, per chiunque conosca Schopenauer, come "velo DI Maya"

Anonimo ha detto...

M'inchino umilmente di fronte a cotanto genio... Magari potrebbero essere delle sviste o degli errori di battitura!? Ai posteri l'ardua sentenza...

Memorabilia Press ha detto...

Concordo con Escobar... Scherzi a parte, grazie per aver letto i nostri scritti ma soprattutto per aver suggerito la presenza di qualche svista... Purtroppo anche noi "iperborei" non siamo infallibili!
...

Ville ha detto...

errore di battitura? svista? significherebbe forse che il racconto non è stato riguardato, limato, rivisto e corretto? gettalo lì e lasciato in balìa della Rete? Personalmente non approverei affatto, se davvero così fosse... passi per Kierkegaard e il verlo Maya, ma il secondo e il terzo errore, è proprio grammatica elementare... perlomeno, per quanto gli errori di battitura siano frequenti, questi sono troppo grossi, vieppiù che l'apostrofo è un qualcosa in più che non andava messo, e non il contrario (sarebbe stato un tantino meno grave un soggetto femminile senza l'apostrofo), ma queste alla fine sono solo quisquiglie...

Anonimo ha detto...

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