24.2.08

Into the wild (2007)

di Marco Apolloni

Film da “4 stelle”. Stupenda colonna sonora di Eddie Vedder (voce dei Pearl Jam). Bello e dannato il protagonista Emile Hirsch. Regia da Oscar di Sean Penn: sempre più bravo come regista, dopo un'invidiabile carriera da attore. Basato su una storia vera e tratto dal best-seller di Jon Krakauer (edito in Italia da Corbaccio, col titolo Nelle terre estreme). Solo la Bim poteva produrre e distribuire un film come questo, che segue il filone già avviato da: I diari della motocicletta (non a caso il direttore di fotografia Eric Gautier è lo stesso anche per Into the wild) e I segreti di Brokeback Mountain (pellicola che vede come protagonista, oltre a Jake Gyllenhaal, anche Heath Ledger, recentemente scomparso).


Siamo davanti ad un autentico miracolo cinematografico. Nonostante si tratti di un film lento, per qualsiasi giovane – ma non solo – è quasi impossibile non immedesimarsi nei panni del giovane inquieto Christopher McCandless: “sognatore errante solitario” alla ricerca della perla dell'illuminazione, che troverà – suo malgrado – solo quando i dadi saranno ormai tratti. Il protagonista somiglia tanto ad uno dei Vagabondi del Dharma di cui già il padre della beat-generation, Jack Kerouac, ci ha dato notizie. Christopher è figlio di buona famiglia, dall'avvenire certo, ma che decide di tagliare i ponti con il mondo per scoprire il vero se stesso. Le sue avventure iniziano come atto di ribellione nei confronti dei genitori, che oltre a non capirlo lo hanno cresciuto in un ambiente pieno di tensioni. Poi, però, man mano che il cammino prosegue, il suo diventerà sempre più un viaggio alla scoperta dell'autenticità della vita, sulle orme di Thoreau. L'esito scontato della sua spasmodica ricerca sarà l'essere-per-la-morte heideggeriano. Solo nella morte, infatti, lui potrà essere finalmente libero: dalle catene di una società capitalistica-consumistica che lo ha oppresso vita natural durante con false lusinghe. (Come la macchina nuova che volevano regalargli i suoi genitori ma che lui rifiuta preferendole la sua vecchia e scalcinata auto, se non altro più autentica.)


Il mistero di tutti i misteri è che non c'è nessun mistero. Christopher alias Alexander Supertramp se ne accorge quando è ormai troppo tardi. La felicità è tale solo se è condivisa: questa è la consapevolezza finale che lui acquisisce. Non c'è felicità nella solitudine. Il bell'aforisma byroniano che appare all'inizio è la chiave per capire l'intricata psicologia del nostro eroe anti-eroico: egli non ama di meno gli uomini, ma di più la Natura. Lui è un “Che Guevara” alla rovescia. Laddove il rivoluzionario argentino era convinto di trovare Dio negli altri, nei rapporti umani equiparati a rapporti divini – questo è in nuce il pensiero del giovane e sorprendentemente romantico Marx -, Christopher è invece un convinto panteista – dal greco pan che vuol dire tutto. Uno che come il filosofo agrigentino Empedocle non ha esitato a lasciarsi inghiottire dalle fauci spalancate del Vulcano della vita. Per tutta la durata del film, osservando la sua triste figura, si ha come il presentimento dell'imminente sfacelo. È come se lui avesse già in vita un piede nella fossa... La sua tardiva presa di coscienza a nulla gli varrà. Il veleno esistenziale è ormai entrato in circolo e lui non può più farci niente. L'unica cosa che gli rimane da fare, avvelenato da una pianta non commestibile e intrappolato in una roulotte abbandonata nel mezzo del nulla dell'Alaska, è dare un'ultima occhiata al cielo attraversato da nubi vorticose e dove s'intravede appena uno squarcio di azzurro – premonizione, chissà, della Bellezza paradisiaca che sembra occhieggiargli irresistibile.


Il mistero della Vita, che è la Morte, lo ha ormai attorcigliato nelle sue spire. E pensare che la sua occasione d'immortalità lui l'ha avuta. Questa aveva il viso di una dolce e misteriosa sedicenne incontrata quando andò a trovare una coppia di suoi amici neo-hippy in una comune nel deserto. Così è sfumata la sua occasione di fare di due: Uno! Quella che in una delle più belle pagine del Simposio – testo fondativo dell'amore in Occidente – Socrate/Platone chiama nostalgia dell'Uno. Per tutti i “trampolieri” di questo mondo: ricordatevi che l'origine è di chi sa ricondursi ad una meta, e viceversa. Dicasi: l'eterno ritorno dell'originario. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma...

P.S. Nelle terre estreme è un libro-inchiesta che poteva essere reso molto meglio. Sean Penn ha compiuto quasi un miracolo a cavarci fuori un così bel film. Dispiace doverlo ammettere, ma mi ha deluso parecchio. Sarà che erano troppo alte le aspettative... Sopravvalutato!

2 commenti:

Quixotic ha detto...

Hi there, too bad this is all in italian which I can't understand :), because your blog(s) seem really interesting and great taste in music/literature/movies/art. I recently saw La Venere di Urbino when I visited Firenze, too bad I can't read your story about it, looks like a lot of work put in to it! Keep up and greetings! Sanne

Anonimo ha detto...

Thank you for your interesting...
I hope for you and your blog all the best!
Aufwiedersehen

Marco