29.4.08

Ratzinger in "Spe Salvi": critica i moralisti, attacca i politici

di Silvia Del Beccaro

Una forte critica ai moralisti, un esplicito attacco ai politici, una cruda contestazione alla massificazione, un inno alla libertà. Si potrebbe riassumere così, in poche parole, l’intervento di don Stefano Alberto, docente di “Introduzione alla Teologia” presso l’università Cattolica di Milano, invitato a Cesano Maderno da Comunione e Liberazione per commentare la lettera enciclica “Spe Salvi” del Sommo Pontefice Benedetto XVI. Don Alberto ha dato vita ad un’ampia riflessione sulla relazione tra i concetti di fede e speranza nel mondo odierno, dove la prima altro non è che «la speranza stessa, che trasforma e sorregge la vita di ciascuno di noi. In un momento così travagliato per la vita del nostro Paese, minacciato soprattutto da un deficit di fiducia nel proprio futuro, l’incontro di stasera vuole essere un’occasione per imparare nuovamente in che cosa consista la nostra speranza, per riscoprire una fede “performativa” che cioè trasforma e sorregge la vita». Ecco allora che emerge la figura di Cristo filosofo – tratta da un’immagine incisa su un sarcofago, che ritrae Cristo con in mano un bastone da viandante – e pastore – iconografia dell’arte romana. Filosofo, in quanto sa insegnare l'arte di essere uomo in modo retto; pastore, in quanto conosce la via che passa per la valle della morte ed è colui che anche sulla strada dell'ultima solitudine cammina a fianco del cristiano, guidandolo e sorreggendolo. Per raccontare la genesi dell’enciclica elaborata dal Pontefice, don Alberto si è avvalso di citazioni teologiche e filosofiche, richiamando all’attenzione dei presenti nomi del passato come Auguste Comte o Sant’Agostino. Talvolta criticandoli – accusando Comte di sentirsi il nuovo Papa – talvolta avvalendosene – utilizzando Sant’Agostino per spiegare lo stato di confusione decisionale che l’uomo vive quotidianamente –, l’ospite ha poi orientato il suo discorso su quattro quesiti: cos’è un mondo senza speranza; qual è lo stretto nesso tra fede e speranza; come questo nesso è stato messo in crisi e quali sono le conseguenze; qual è la stoffa della speranza cristiana. «Stiamo vivendo un tempo in cui i nostri politici possono avvalersi di mandati esplorativi, mentre noi non possiamo fare altrettanto con la nostra esistenza. Dobbiamo giocarla infatti fino in fondo e rischiarla veramente». Il commento all’enciclica ha poi posto una questione importante sull’esistenza stessa dell’uomo. Don Alberto ha dichiarato che il presente, anche se faticoso, può essere vissuto ed accettato, ma solo a due condizioni: che conduca ad una meta e che questa meta sia così grande da giustificarne il percorso. Dunque la vita di un cristiano ha un inizio – ovvero il presente seppur tribolato e fragile – e un futuro. Compare dunque come elemento distintivo il fatto che i cristiani abbiano un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma sanno nell'insieme che la loro vita non finisce nel vuoto. «Questo grazie all’incontro performativo con Dio. Prima della sua venuta, infatti, non esisteva una meta. I pagani vivevano senza conoscere la propria origine e di conseguenza vivevano senza sapere il loro futuro». Per alimentare la suddetta tesi, don Alberto ha poi ripreso le parole di Benedetto XVI: “In nihil ab nihilo quam cito recidimus”, ovvero “Nel nulla, dal nulla quanto presto ricadiamo”. Ma qual è dunque il futuro dei cristiani? Don Alberto ha risposto che la vita dell’uomo terminerà in una giustizia ultima, riconosciuta come compenetrazione fra “giustizia” e “grazia”. «Se fosse solo “giustizia”, ci sarebbe da morire di paura. Se fosse solo “grazia”, tutto ciò che avremmo vissuto diventerebbe irrilevante. Fortunatamente non si tratta di “giudizio”, in quanto questo concetto non esiste più; c’è ancora qualche moralista che ne parla, ma per fortuna si nasconde». Il discorso di don Alberto si è infine concluso con un inno alla libertà di pensiero e di parola, invitando i presenti ad ignorare quei programmi tv e quei politici che insistono nel dire cosa un uomo debba o non debba fare, poiché «la vita è la nostra ed è un’esperienza unica e irripetibile».


1 commento:

Gino Bollarelli ha detto...

Non confondiamo la speranza con la logica aspettativa dei risultati delle nostre azioni. La speranza legata alla fede è un sogno che non va confuso con la nostra esistenza (ed infatti chi ne parla colloca questi temi in un invisibile aldilà) ma una possibilità per riflettere sulla nostra condizione. Un mondo senza speranza è quindi tutt'altro che deprecabile. Ciò che va condannato è l'uso spregiudicato che alcune forze politiche e sociali fanno dei desideri delle persone. Non una speranza bisogna incentivare, ma una realtà bisgna attuare.