Water horse – del regista Jay Russell – è un film sui buoni sentimenti, animalista fino al midollo, che tocca con incisività il delicato tema del rapporto tra uomo e bestia. Mostrandoci degli uomini bestiali capaci di scempiaggini come le guerre e bestie invece dai risvolti umani. Altro tema affrontato è quello di un'amicizia tanto impossibile, quanto resa possibile dalla materia fiabesca qui trattata. Il film comincia con una giovane coppia di turisti che entra in un locale e viene adescata da un vecchio sconosciuto, uno del posto, il quale, come il protagonista del poemetto di S.T. Coleridge The rime of the ancient mariner si porta dentro una storia sensazionale, che sente di dover condividere. Il racconto del vecchio ci riporta ai tempi della seconda guerra mondiale, dove facciamo la conoscenza di Angus MacMorrow, un ragazzino problematico – traumatizzato dalla perdita del padre, avvenuta in guerra –, che un giorno rinviene sulle rive del lago di Loch Ness un uovo primitivo e decide di portarselo a casa. Qui all'insaputa della madre apprensiva – interpretata dalla molto british Emily Watson – Angus alleva la bestiola, sgusciata fuori nel frattempo, che ha tutta l'aria di essere un piccolo dinosauro e la cui voracità lo porta a cercar cibo ovunque si trovi. Angus quindi ribattezza la sua simpatica creatura con un nome d'arte: Crusoe. Intanto un reparto della Royal Army si acquartiera nella tenuta dei MacMorrow. Il raccomandato comandante della brigata, con la sua ottusa disciplina militaresca sconvolge i piani di Angus. Egli, però, aiutato dalla sorella maggiore e dal faccendiere nuovo arrivato nella casa, riesce fortunosamente a trasferire Crusoe nel lago. Nell’elemento acquatico, che gli è più proprio, Crusoe può crescere indisturbato e sviluppare la sua mole eccezionale. Crusoe si rivela infatti un drago marino, unico nel suo genere. La leggenda narra che creature simili ne nascono una per volta e che quando una di esse sta per morire deposita un uovo per perpetrare la specie. La fama di Crusoe, soprannominato il mostro di Loch Ness, si sparge fra gli abitanti del luogo, dove c'è chi presente la calamita turistica che una bestia simile potrebbe portare al loro piccolo villaggio, distinguendolo finalmente nelle mappe geografiche. La goccia che fa traboccare il vaso e spezza l'incantesimo di quiete è un'esercitazione militare, ovvero un bombardamento a tappeto nel lago, che minaccia la sopravvivenza di Crusoe. Questi, costretto a rifugiarsi negli abissi, s'inferocisce. Il finale, formato famiglia, è presto detto: e tutti vissero felici e contenti! Ad ogni modo, merito di questa pellicola strappalacrime, che potrebbe scoraggiare lo spettatore più avveduto vista la poca originalità della materia trattata – si è perso il conto delle trasposizioni cinematografiche girate sul presunto abitante del tal lago scozzese –, è quello d'intrattenere e far riflettere al tempo stesso, avvalendosi di una sapiente mistura composta da: spettacolari effetti speciali, efficace sceneggiatura e incantevole fotografia – quest'ultima facilitata anche dalla paradisiaca bellezza della location d'eccezione. Il viscerale animalismo del film, come accennato all'inizio, traspare dalla forte denuncia contro il maltrattamento delle povere bestie, che diventano feroci solo se provocate dalla sconfinata e deplorevole ferocia umana. Contestualizzando la pellicola all'oggi, come i fatti di cronaca c'insegnano, spesso dietro alle aggressioni dei cani – ad esempio – si cela la stoltezza dei padroni, che invece di trasmetter loro calore e affetto, li battono e affamano, rendendoli pertanto – contrariamente alla loro intrinseca natura – aggressivi. Film come questi ci riconnettono alla nostra dimensione più originaria. E, una volta tanto, dovrebbero ricordarci di essere sì uomini, ma prima di tutto animali anche noi; il che vuol dire creature fra le altre, le quali, avendo il prezioso dono della ragionevolezza, proprio per ciò dobbiamo farne uso per rispettare chi condivide la nostra stessa natura: animale...
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