28.11.06

"Crash, contatto fisico"

di Silvia Del Beccaro

Recensire Crash, vincitore di ben tre statuette in occasione dell’ultima notte degli Oscar, non è stato certo un compito semplice. Premiato come miglior film dell’anno, dotato di una sceneggiatura originale e di un montaggio eccezionale, Crash si è meritato in tutto e per tutto la statuetta d’oro. Difficile sintetizzare in poche parole la trama del film. Forse compito ancor più arduo, però, è riuscire a mettere “nero su bianco”, senza dare per scontato e senza banalizzare, il messaggio che il regista-sceneggiatore Paul Haggis ha voluto trasmettere nei suoi 113 minuti di pellicola. È palese che il filo conduttore di questo film è il razzismo: alcuni riferimenti espliciti, alcuni atteggiamenti e fraseggi discriminatori, rendono più semplice la comprensione di questo messaggio. Ma sotto questo aspetto, se ne nasconde uno ancor più profondo.
Crash non è certo un film scontato. Tutto fin dal principio è calcolato nei minimi dettagli. Nulla è lasciato al caso. E così, in un intricarsi di vicende personali, si snoda la morale (secondo una mia libera interpretazione del capolavoro di Haggis), ovvero: le apparenze ingannano. Può sembrare un luogo comune, una frase semplicistica, banale, qualunquista. Ma non è così.
In una società come quella americana, inesorabilmente multietnica, prevalgono ancora troppi pregiudizi nei confronti dell’Altro. In merito a questo argomento, ho letto un interessante libro scritto da un docente universitario nonché critico cinematografico, Gianni Canova. Nel suo lavoro "L'alieno e il pipistrello", Canova affronta il tema dell'alterità attraverso due note figure del cinema contemporaneo: Batman e Alien, protagonisti di due fortunate serie degli anni Novanta. Batman e Alien sono indicati come due figure paradossali dell'esperienza visiva contemporanea, due punti di scambio impossibile fra interno ed esterno: Batman è lo straniero interno, che abita a Gotham City, l'ibrido dalla doppia identità che, se da un lato rassicura l'atmosfera cittadina, dall'altro la turba forse anche più di quanto non facciano i delinquenti. Alien è un estraneo più familiare di quanto possa sembrare, che intrattiene un rapporto equivoco con la giovane astronauta Ripley, sua nemica e sua interlocutrice, è una "minaccia inoffensiva" che solo come tale entra nel cinema commerciale.
Totalmente diversa l'alterità interpretata da Paul Haggis, che mostra il timore nei confronti dell'altro, visto come una minaccia per via del colore della pelle (che differisce dal nostro) e della sua lingua (che ci fa sentire appartenenti ad un altro mondo, apparentemente "migliore", "corretto" e "puro"). È proprio questo timore nei confronti del nostro vicino (nero, rosso, giallo che sia) che ci fa pensare all’altro come al nemico, al cattivo o addirittura al male.
A fronte di tutto ciò, però, nella sua più totale imprevedibilità, Crash dimostra proprio come le apparenze possano ingannare. Chi a prima vista sembrava essere “il buono” si trasforma in un criminale; chi esteriormente poteva presentarsi come “il cattivo” della situazione, invece, si rivela essere un puro-di-cuore. In ogni istante, Crash cattura, rapisce la nostra attenzione, lasciandoci perennemente in uno stato di suspense.
Inizialmente la trama appare intricata, essendo composta da un susseguirsi di vicende personali, che si svolgono contemporaneamente in diversi quartieri della città degli Angeli, ovvero Los Angeles. Una casalinga e il marito procuratore, un iraniano proprietario di un “24hours shop”, due detective di polizia, un regista e sua moglie, un fabbro latinoamericano, due ladri di automobili, una recluta della polizia. una coppia coreana… Tutti personaggi interpretati da un cast d’eccezione: Matt Dillon, Sandra Bullock, Ryan Phillippe, Don Cheadle, Brendan Fraser per citarne alcuni…

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