di Marco Apolloni
“Corri Forrest, corri!”. Vedendo questo film è cosa difficile non lasciarsi coinvolgere dalle corse a capofitto del protagonista, Forrest – interpretato da un Tom Hanks strepitoso –, ex paraplegico con un Q.I. di qualche punto inferiore alla media, ma che sprigiona una sensibilità e un'umanità semplicemente disarmanti. Di fronte ad ogni problema impellente della vita, lui ha preso l'abitudine di correrci sopra, perché correre lo aiuta a vivere. Sembra che il “Boss” mentre scriveva una canzone epica, inno d'intere generazione, quale Born to run, avesse in mente proprio Forrest: Nato per correre...
In questo film il regista Robert Zemeckis si supera, raccontandoci una storia dai sentimenti forti, che è una rivisitazione del “sogno americano”. La morale è la seguente: tutti possono avere una chance nella vita! Attraverso gli occhi di un personaggio un po' particolare, Forrest, Zemeckis ci mostra una significativa panoramica della storia recente americana. Cresciuto a Greenbow, in Alabama – Stato del profondo sud degli Stati Uniti, nonché luogo dove il traghettamento verso una società multietnica viene vissuto con molteplici difficoltà –, Forrest viene educato da un'amorevole madre, rimasta sola dopo l'abbandono del marito. Questa farà di tutto per non far mancare niente al suo pargolo. Una bambina sveglia, Jenny, capirà la ricchezza interiore di Forrest e gli darà perciò la sua amicizia. Grazie a lei Forrest riacquisterà l'uso delle gambe e in un episodio denso di pathos verrà incitato a fuggire dalla fitta sassaiola di alcuni suoi dispettosi coetanei, a cui proprio non va giù il suo handicap. Jenny rimarrà sempre la stella-fissa, baluginante nell'universo immaginario di Forrest, ma al contempo sempre sfuggente e un passo davanti a lui.
La definizione migliore per Forrest è idiota-intelligente. Idiota perché la sua intelligenza limitata è sia un difetto ma, sopratutto, anche il suo più grande pregio. Più che pensare lui è capace di sentire ed è con il potere del sentimento che riesce a catturare la stima e l'affetto di chiunque incontra. Seduto su una panchina, nella stazione degli autobus di Savannah, Forrest riunisce attorno a sé un casuale uditorio, a cui racconterà le mille peripezie della sua vita avventurosa. Abbinando modi di dire ad episodi fantastici che lo hanno visto protagonista. Tant'è che vedendolo, così a prima vista, nessuno ci scommetterebbe che gli siano davvero successi. I suoi cavalli di battaglia sono: “Mia mamma diceva sempre: la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita”, “Stupido è chi lo stupido fa” e così via. Ascoltando il racconto di Forrest veniamo a sapere che, suo malgrado e senza nemmeno rendersene conto, lui è stato una star del football all'università – sfruttando le sue doti di gran corridore –, un eroe di guerra, un campione di ping-pong e, in ultimo, un miliardario inconsapevole.
Qui ci vengono presentati personaggi memorabili quali: il “Tenente Dan” e l'inseparabile compagno d'armi di Forrest, “Bubba”. Quest'ultimo, un omone nero con due buffissime e spropositate labbra, non fa che parlargli di gamberi. Tant'è che alla fine riuscirà persino a convincere un esausto Forrest a mettersi in società con lui nel commercio dei gamberi, dopo la guerra nel Viet(fottuto)nam, promettendogli soldi a palate. Il povero “Bubba”, però, non vivrà abbastanza per vedere realizzato il suo ambizioso progetto. Così di punto in bianco Forrest, non avendo nient'altro di meglio da fare, con il suo inguaribile ottimismo comincia a lavorare sodo per mettersi nel commercio dei gamberi. Dopo i prevedibili fallimenti iniziali, il suo giro d'affari si allarga a macchia d'olio. A dargli una mano ci pensa il “Tenente Dan” in persona, menomato delle gambe ma non della sua tenacia di soldato e munito ancora di due braccia possenti. Questi, tra l'altro, deve la sua vita a Forrest che lo ha salvato da morte certa nella giungla vietnamita, caricandoselo in spalla e portandolo in salvo – nonostante sulle prime gli opporrà non poche resistenze, finanche maledicendolo per averlo salvato. Parte dei proventi ottenuti con il commercio dei gamberi, Forrest li darà alla madre di “Bubba”, dimostrando così grande generosità .
Al termine del suo lungo racconto, Forrest scopre di aver aspettato invano l'autobus e viene a sapere che il posto dove si trova Jenny, il “grande amore” della sua vita, è a pochi isolati da lì. Quindi si ricongiunge con lei, che gli racconta di essere molto malata e in compenso gli svela di aver concepito insieme a lui un bellissimo bambino – e pure molto intelligente: “Forrest jr.”. Dopo qualche tempo, Jenny morirà, pagando cara una vita piena di eccessi. Ad ogni modo lei trapassa con la consapevolezza di aver lasciato il suo unico figlio in buone mani, alle cure di un padre un po' goffo ma senz'altro speciale: Forrest... Al termine della toccante pellicola, non vi basteranno un pacco intero di fazzoletti per asciugarvi le lacrime: potete scommetterci!
Vincitore di sei statuette, è un film completo sotto tutti gli aspetti. Una regia-capolavoro di Robert Zemeckis. Un'interpretazione sopra le righe di Tom Hanks – mai così in forma. Una colonna sonora indimenticabile – a riprova del fatto che tutti i bei films hanno un altrettanto bella colonna sonora –, ricca di belle canzoni d'annata (California dreamin' dei The Mamas and the Papas, All along the Watchtover di Jimi Hendrix, Sweet home Alabama dei Lynyrd Skynyrd, poi ancora canzoni dei The Doors, The Beach Boys e tante altre ancora) commista ad una musica da suite, sapientemente architettata da quell'istrione di Alan Silvestri – uno che ci sa fare, già autore della soundtrack di Ritorno al futuro. Una storia originale e commovente. Ed infine una sceneggiatura, come si suol dire: con le “contro-palle”. Ecco a voi una pietra miliare della storia del cinema, ecco a voi, signori e signore: Forrest Gump...
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