5.5.07

Confessioni di un animatore pentito

di Marco Apolloni


Le vicende qui narrate non sono autobiografiche. Vige la finzione letteraria. I personaggi del racconto sono frutto di pura fantasia.

Da tempo ho smesso di fidarmi delle apparenze esteriori. A cavallo dei miei vent'anni mi è capitato di passare alcune stagioni estive nei villaggi turistici, dove ne ho viste di cotte e di crude. Niente di quello a cui ho assistito mi ha edificato. Tutto ciò che è esagerazione lo reputo contrario alla mia natura mite ed equilibrata. Anche se per certi versi la penso un po' come l'apostolo Paolo, ossia credo sia giusto farsi tutto con tutti – pur rimanendo sempre entro certi limiti. In questi presunti paradisi per vacanzieri ho assistito all'impoverimento dei rapporti umani – altro che rapporti divini! Questi oramai sono diventati pressoché impalpabili: ci si sfiora, senza più toccarsi veramente. Se non altro, però, questa cosa mi ha dato di che riflettere. Trovo un ottimo esperimento sociologico, infatti, quello d'indagare a fondo le motivazioni che portano mandrie di ragazze scalmanate a cedere così facilmente al fascino-della-divisa, sia questa dell’animatore, del marinaio, del poliziotto, e chi più ne ha più ne metta. Forse perché, cerco d'immaginare, facendo le santarelline in città – evidentemente intrappolate in convenzioni fin troppo rigide –, fuori di casa esse si sentono finalmente sgravate da qualsivoglia preoccupazione e quindi libere di aprire le loro cosce a piacimento, senza sforzarsi di reprimere inutilmente delle normali pulsioni carnali. Lo stesso discorso vale per i ragazzi, anche se ai giorni nostri più che di sesso sfrenato nel loro caso dovremmo parlare di sesso problematico, con tutti gli inghippi che si devono prevedere – tipo il doversi infilare scomodi e appiccicosi vestitini pure mezzi striminziti, vedi alla voce “goldoni” – onde scongiurare spiacevoli contrattempi: tipo gravidanze indesiderate oppure innominabili ma, comunque sia, temibili malattie veneree…
Già perché nel settore specifico della sveltina – ovvero della modalità sessuale: “mordi e fuggi” – si sta avendo sempre più un grosso calo, perlomeno a livello giovanile. Infatti sempre più ragazzi incontrano molteplici difficoltà nell’avere un rapporto sessuale degno di questo nome e perciò si accontentano di tristi surrogati, quali nella migliore delle ipotesi roba tipo la fellatio e nella peggiore invece – perlomeno, la più solitaria – l’auto-erotismo. Alla fine il risultato è giovani-segaioli-crescono! Mentre le povere adolescenti si trovano pertanto costrette ad affidarsi a sedicenti professionisti del settore – quali gigolò da strapazzo, vedi alla voce “animatori” o a seconda dei casi “ri-animatori”. Essi, in realtà, non sono altro che libertini sfaccendati – né carne né pesce, senza arte né parte – i quali si sacrificano volentieri per la causa, inneggiando a sessantottine libertà sessuali e deflorando le vogliose “vergini folli” della situazione. Non trovo miglior aggettivo per descrivere questi stravaganti esemplari della razza mascolina di questo: mi sembrano gli orsi grizzly, che d’estate si fanno una bella scorpacciata di sesso leccandosi i baffi spalmati di miele, mentre d’inverno si mantengono sessualmente attivi mediante riserve letargiche frutto delle loro conquiste estive. (Parlo per esperienza personale, dato che anch'io ho fatto parte della “poco nobile” categoria...) Non a caso nei villaggi, dove essi lavorano, il peccato regna sovrano e all’ordine del giorno vi sono le cosiddette “batterie” – ovvero lussuriose abbuffate di sesso – in perfetto stile kubrickiano Eyes Wide Shut. Oltretutto, si dà il caso che in tali eccezionali luoghi di protervia, si possono incontrare delle fresche coppiette, che durante la loro romantica luna di miele si cornificano a vicenda, come se fosse la cosa più naturale, rispettivamente: con l’animatore e l’animatrice di turno. Per fortuna esistono ancora delle coppiette di diverso genere, che preferiscono passare più tempo ad assicurarsi la loro progenie, piuttosto che cedere miseramente al fascino di questi debosciati. Le più disgustose esemplari d’immoralità (che posso dire di aver visto all'opera – e che opera ...) sono state senz’altro certe giovani mammine, apparentemente puritane, ma che non disdegnavano affatto lasciarsi “ricoprire di attenzioni” (di solito nei cessi-tuguri oppure in ripostigli-topaie annessi alla discoteca) da dee-jay privi di scrupoli, nonché re-del-pollaio-dance. Una volta finiti i loro “servizietti”, tali materne-meretrici ritornavano con incrollabile nonchalance dai loro figli e mariti, con quelle loro avide boccucce peccaminose. Un vero inno all'infedeltà coniugale, non c'è che dire. A distanza di anni, stento ancor oggi a credere alle “scornate” indimenticabili a cui ho assistito incredulo, della serie: cervi a primavera

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