Per uno scrittore come Jack London vale il seguente motto: “Scrivere sempre ciò che si vive e vivere sempre ciò che si scrive”. A dirla tutta, lui è l'incarnazione stessa di questo motto! Nessuno più di lui ha vissuto tanto intensamente, traendo prezioso spunto dalle esperienze della vita, che a volte ti dà e altre ti toglie.
Il vagabondo delle stelle – il cui titolo originale è: The Star Rover – è un'opera che rispecchia in tutto e per tutto la complessità umana del suo autore. Si tratta di un romanzo originale e per certi versi anche sperimentale. È la storia di Darrell Standing professore di agraria, incarcerato per l'omicidio di un suo collega – poi si scopre per motivi sentimentali, i due amavano la stessa donna. Ma la vera ragione della sua condanna a morte non è tanto l'omicidio commesso in un momento di rabbia, quanto l'aver aggredito e ferito, lievemente, un secondino. Durante la sua permanenza in carcere, Standing ci racconta l'inumanità della condizione carceraria – siamo nell'anno del Signore 1913 – e di come lui riesce a trovare un modo, davvero incredibile, per evadere dalla sua prigione corporea e mentale. Lo inizia, in gran segreto, ai misteri della cosiddetta “piccola morte” il suo compagno d'isolamento Ed Morrell. Altro suo compagno d'isolamento – i tre hanno trovato un sistema tutto loro per comunicare, detto “alfabeto nocche” – è Jake Openheimer, il San Tommaso della situazione – che non crede se non vede e tocca con mano propria. (Tra l'altro: Standing, Morrel e Openheimer risultano dei personaggi veramente esistiti. Non a caso London progetta il suo libro basandosi su fatti di cronaca dell'epoca, riguardanti la pessima condizione in cui vivevano i prigionieri all'interno dei degradati penitenziari.)
Fino al capitolo dieci la storia si concentra sulla dura vita carceraria di Standing, accusato ingiustamente dal tirannico direttore del carcere, Atherton, di nascondere una fasulla dinamite – “fasulla” perché inesistente e usata solo come scusa da un infido carcerato di nome Cecil Winwood per scagionarsi e al contempo incastrare lo sfortunato Darrell Standing. Come estrema e disumana misura punitiva Standing è costretto ad indossare, ciclicamente, la camicia di forza per rifiutarsi di confessare una colpa da lui, peraltro, mai commessa. Dal capitolo undici in poi Standing comincia il suo vagabondare fra le stelle, dove rivive la fantasmagoria delle sue vite passate. Di volta in volta lo vediamo indossare i panni: di un gentiluomo francese alle prese con un settecentesco duello; un naufrago – stile Robinson Crusoe – obbligato a vivere in condizioni miserabili su uno scoglio deserto; un marinaio-avventuriero inglese alla scoperta di uno sconosciuto Oriente; un guerriero nordico al soldo dei Romani che in Palestina fa la conoscenza di un misterioso Messia; un bambino al seguito di una carovana che verrà poi assalita e distrutta dagli indiani spalleggiati dai mormoni; e, infine, un sacerdote egizio dell'era proto-cristiana.
La bravura dell'autore sta nell'essere riuscito a padroneggiare, con sicurezza impareggiabile, diversi registri narrativi; ottenendo un sapiente mix tra storia e leggenda, realtà e finzione. Alla base di questa trama intrigante c'è dietro un solido apparato filosofico-concettuale. Composto da una dottrina della metempsicosi, seppur riveduta e aggiornata, e una rivisitazione della teoria dell'eterno ritorno nietzscheano. L'idea di fondo è che esiste una sola ed unica sostanza immortale: l'anima. Il corpo, invece, è materia mortale e ad ogni morte dell'individuo l'anima pre-esistente di costui trasmigra in un altro corpo e così via in un eterna ripetizione della noia. Persino la stessa morte non può sottrarsi alla schiacciante ineluttabilità della noia, che domina e immobilizza le nostre esistenze. (Ne sapeva qualcosa August Blanqui – il leggendario agitatore della Comune parigina – che durante una sua lunga permanenza in carcere ebbe un'epifania dell'eterna monotonia delle esistenze individuali, che si specchiano nella tale e quale ripetitiva vita degli astri. Il prodotto di questa sua rivelazione lo impresse nella sua opera da molti incompresa: L'eternité par les astres.) Gli insegnamenti catartici, ovvero purificatori, che si possono trarre dall'avvincente racconto delle vite vissute da Darrel Standing si presta alla seguente interpretazione: la volontà può tutto, ma finisce sempre e soltanto con il volere se stessa – da qui si origina lo sconsolato quanto inevitabile eterno ritorno...
L'anima del protagonista è affetta da una patologia della rabbia, che a seconda dei casi nel testo è definita “la collera rossa” o “il fil di fuoco”. Essa ogniqualvolta avvampa produce lo stesso ed identico effetto: la morte o distruzione dell'essere fisico. Mentre l'essere spirituale continua a vagabondare per “l'eternullità”, intrappolato nell'implacabile ciclo di morti e rinascite – almeno finché non avrà pienamente assolto al “debito karmico” accumulato, raggiungendo così il Nirvana...
1 commento:
voleva dimostrare di essere immortale
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