11.10.07

"Radiofreccia" di Luciano Ligabue


di Paolo Musano

La vita non è perfetta: le vite dei film sono perfette. Belle o brutte, ma perfette. Nelle vite dei film non ci sono tempi morti, mai. E voi ne sapete qualcosa di tempi morti, eh?”. Questo dice uno strambo Paolo Cremonini rivolto agli spettatori. È una provocazione. Non si sa se credergli o no. Poi il film comincia e ci se ne dimentica, ma fino alla fine aleggerà il risvolto, tragico o comico, di queste parole. Quelle che sembrano ingenuità nel film (i tempi morti appunto, gli intermezzi surreali come la partita di biglie e l’ippopotamo che bruca in giardino, la teatralità e l’affettazione di alcuni personaggi), alla luce di queste parole, potrebbero essere tutt’altro che ingenuità. Non si può dubitare dell’onestà di Luciano Ligabue, non si può mettere in dubbio che conosca bene il paesaggio umano dell’emilia, dove è cresciuto e dove vive.

La Correggio di “Freccia” e dei suoi compagni potrebbe essere qualsiasi città della provincia italiana. Quello che racconta è rivolto ai giovani che hanno ancora vent’anni, ma anche ai trentenni, perché dimostra come i sogni a volte possano essere spietati, talmente spietati da farti perdere di vista quelle piccole cose che contano o dovrebbero contare nella vita. Eppure se non ci fossero i passi falsi, quei buchi più o meno grandi che ognuno si provoca dentro, forse ci sarebbe ben poco da ricordare. Fa male, ma finchè si soffre si è sicuri di essere vivi. Con una pera sparisce tutto, anche il dolore, ma questo no, proprio non va. Quella della fuga è la più grande cazzata, o meglio: illusione.

C’è stato un tempo in cui le radio libere hanno nutrito quell’illusione. In una radio sei tu che parli a te stesso, per farti ascoltare. E in quel momento ci credi davvero che sia tutto lì, che basti un microfono per essere sincero, che basti una canzone per essere tutti lo stesso uomo.

A proposito dell’insoddisfazione, della frustrazione e dell’alienazione che attanagliano tanti di noi, forse il Freccia aveva ragione, quando, poco prima di andarsene, aveva confessato agli ascoltatori di Radio Raptus: “Credo che non sia tutto qua, però, prima di credere in qualcos’altro, bisogna fare i conti con quello che c’è qua. Credo che c’è un buco grosso dentro, ma anche che il rock’n’roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici, beh, ogni tanto questo buco me lo riempiono.

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