1.10.07

Uccellaccio

di Marco Apolloni

Oggi ho incontrato un Uccellaccio. Aveva occhi acquosi, espressione ebete, voce roca, aria candida – manco fosse un pulcino spennacchiato. Come se si trattasse di una roba da niente dopo due secondi nemmeno che avevamo attaccato bottone, eccolo annunciarmi solenne che l'Ora è vicina e che, quindi, bisogna prepararci. «Tutti moriremo!» mi ha detto con tono profetico. “Sai che scoperta!” mi sono detto. Era un volontario, soccorritore degli ammalati, anche se più che soccorrerli a me pareva avvilirli con le sue prediche da quattro soldi. I suoi discorsi avevano quel tanfo sepolcrale di chi si sente già spacciato e mi facevano venire il voltastomaco, tanto abietto disprezzo della vita rivelavano. Quest'uomo, buon diavolo – per carità –, mi ha suscitato una riflessione sull'essenza della religione cristiana che è la morte! Di nessuna religione, infatti, come di quella cristiana si può dire che sia tanto nemica giurata della vita e di tutto ciò che è esaltazione della stessa. Uomini siffatti mi fanno comprendere come Nietzsche sia potuto arrivare al colmo dell'esasperazione, fino a scrivere un'opera tanto controversa quanto incompresa come L'anticristo. Sentirsi morti anzitempo, questo è il tratto distintivo che accomuna simile gente credula. Un perenne sentore di morte, che è sempre dietro l'angolo e improvvisa ti può colpire, accompagna il loro cammino terreno e avvolge come un alone nefando costoro. Solo ora mi capacito come Augusto, mio nonno, poco prima di morire abbia manifestato il volere di non ricevere un funerale secondo il rito cristiano, dimostrando così una rara e invidiabile condizione di beatitudine interiore – che solo agli atei come lui è concessa, in pace con la loro coscienza, sapendo che non dovranno affrontare le pene dell'inferno ma semmai un sonno senza sogni alla maniera socratica. Alle petulanti parole di quel chierichetto mancato, mio triste interlocutore, avrei voluto rispondere con le parole del giovane Guevara: «Bisogna combattere per ogni respiro e mandare la morte all'inferno!» dette ad una ragazza lebbrosa per incitarla a combattere per la propria esistenza – aforisma che potete trovare ne I diari della motocicletta, opera cinematografica sulla gioventù dell'eroe argentino. Tuttavia per buona educazione ho taciuto. Oltretutto, mettendo da parte ciò che penso io – misera e insignificante creatura –, ritengo un atto poco nobile e perlopiù da stolti quello di azzittire poveri cristi come lui, che perlomeno credono in qualcosa e sono pur sempre migliori di chi non crede in niente – anche se il niente per alcuni rimane pur sempre un appiglio e, volendo, pure una religione. Togliergli questa magra consolazione – del resto a che servono le religioni se non a consolare? – credo avrebbe dimostrato da parte mia un'imperdonabile insensibilità. Secondo me ognuno dovrebbe credere in ciò che vuole. Ciononostante non posso proprio soffrire i predicatori della Fine dei Tempi. Il Medioevo ormai è passato da un pezzo e se simili profezie catastrofiche potevano andar bene all'età della peste bubbonica, al giorno d'oggi paiono un tantino delle esagerazioni: basta che piova due giorni di fila che ecco sentire, le solite cornacchie, annunciare ai quattro venti il Diluvio Universale. Vorrei tanto sapere cosa gli passa per la testa a costoro. Fra l'altro ne conosco due o tre di questi, ve li raccomando. Li incontro sempre in banca un giorno sì e l'altro pure, chissà che non tengano tanto ai loro conti bancari per assicurarsi un hotel a cinque stelle in paradiso – anche se dubito fortemente che da quelle parti accettino pagamenti con le loro Visa o Mastercard... Quel che dico io è che se dovrà esserci un Giorno del Giudizio ben venga e chi ha la coscienza a posto, indipendentemente da quante volte si è confessato in vita sua – il confessionale rimane il più efficace strumento di controllo dei pastori sulle vite del gregge –, non ha di che preoccuparsi. Badino piuttosto a preoccuparsi di chi si va a confessare, però intanto scioglie bambini nell'acido... Poi tutte quelle profezie – profezie qua, là, su e giù –, mi sembrano tanto roba da ebreucci. Mi va bene che alle profezie ci credano loro, ma da qui a tentare di infinocchiare anche me, questo – se permettete – proprio non lo tollero. Sapete sono anch'io un credente, seppur un tantino anti-convenzionale ed eccentrico. Al momento, però, non me la sento ancora di dire in che cosa credo: ora come ora, posso solo dire che credo sia una pessima idea non credere, tutto qua. La fede, se non altro, riempie i cuori di speranza. E io, proprio non ci rinuncio a vivere senza speranza: è il mio ossigeno, è la mia linfa vitale, è respiro cosmico per me! Spero e questo mi basta...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Nietzsche credo che intimerebbe a quell'ucellaccio di anticipare la propria morte!

Anonimo ha detto...

Lo penso anch'io!
MA