di Silvia Del Beccaro

Steroidi… Anabolizzanti… Già al solo pronunciarli, questi termini implicano in sé qualcosa di losco e pericoloso. Noti come sostanze con azione simile a quella dell’ormone maschile “testosterone”, l’uso di steroidi induce modificazioni fisiche, come ad esempio un aumento della massa muscolare e della forza, uno sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari (sviluppo dei genitali, timbro della voce, barba, distribuzione del grasso e dei muscoli), effetti su vari organi e tessuti (produzione dei globuli rossi, bilancio azotato ecc.).
L'uso terapeutico di steroidi anabolizzanti è sempre stato piuttosto raro e limitato: negli anni 60, ad esempio, prima che fosse disponibile l'ormone della crescita in forma ricombinante, l'ossandrolone è stato utilizzato per il trattamento della bassa statura nella sindrome di Turner. Oggi invece vengono esclusivamente utilizzati per la cura dell'angioedema ereditario, dell'ipogonadismo, dell'anemia aplastica, del cancro della mammella e di alcune forme di malattie croniche degenerative.
Purtroppo, contemporaneamente, negli ultimi decenni si è espanso sempre più il consumo di tali sostanze a scopo non terapeutico, in particolare per potenziare le proprie prestazioni fisiche. Non a caso l’assunzione di ormoni steroidei induce un aumento della massa muscolare e questo, a sua volta, consente di affrontare allenamenti più pesanti e di conseguenza miglioramenti più marcati derivanti dall'allenamento stesso nelle prove di scatto e potenza. Inaugurato dai pesisti sovietici negli anni ‘50, l’uso degli steroidi anabolizzanti si è diffuso anche ai pesisti di tutto il mondo e in seguito agli altri sport: ciclismo, nuoto, calcio, ecc… Addirittura oggi sta coinvolgendo anche i giovanissimi adolescenti che, presi dalla foga di imitare i leggendari Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger, si calano sostanze delle quali ignorano tutto: dall’utilizzo corretto e illegale agli effetti collaterali.
Le pratiche di doping più diffuse sono il doping ematico e le manipolazioni chimiche e fisiche dei campioni di urina. Nel primo caso, all’atleta vengono somministrate sostanze di sintesi correlate all’EPO per via endovenosa, che migliorano il trasporto di ossigeno nel sangue. Un’altra pratica è quella dell’autotrasfusione: l’atleta cioè, si sottopone a un prelievo di sangue, che, dopo essere stato adeguatamente conservato e non appena i globuli rossi sono tornati a livello normale, gli viene trasfuso nuovamente, ottenendo così un incremento del numero dei globuli rossi.
I rischi connessi al doping ematico includono reazioni allergiche, possibile trasmissione di malattie infettive, sovraccarico del sistema circolatorio e shock metabolico. Ma non è tutto. Le conseguenze degli anabolizzanti possono essere devastanti:
Effetti su organi riproduttivi e sfera sessuale
Oltre al già riferito rischio di infertilità, che può permanere a lungo anche dopo la sospensione del trattamento, gli androgeni possono promuovere la crescita del carcinoma (tumore) della prostata e della mammella. Inoltre, a causa della conversione periferica del testosterone in ormoni femminili, può verificarsi un paradossale effetto femminilizzante con aumento di volume della ghiandola mammaria (ginecomastia) e riduzione della potenza sessuale.
Effetti sul fegato
Il fegato è uno degli organi più sensibili all’azione degli anabolizzanti. Il grado di compromissione epatica può essere quanto mai vario, oscillando da una lieve alterazione della funzionalità, alla comparsa di cisti ematiche o di tumori.
Effetti sull’apparato cardio-vascolare
È possibile osservare un aumento della pressione arteriosa, probabilmente in rapporto alla ritenzione idro-salina e al tipo di attività fisica prevalentemente anaerobica praticata.
Effetti metabolici
L’uso prolungato di anabolizzanti è un fattore rischio per la comparsa di diabete mellito, soprattutto in soggetti con familiarità per tale malattia, come dimostrato da alterazioni nella tolleranza al glucosio. Inoltre, è spesso riscontrabile un aumento dei trigliceridi e del colesterolo ematici, fattori di rischio di vasculopatie.
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