9.2.07

Civiltà greco-latina: Premessa storico-sociale / 1

(corso tenuto dal professor Giuseppe Girgenti)
Appunti, considerazioni, riflessioni

di Marco Apolloni
Solitamente si fa cominciare la storia antica con la storia greca e più precisamente con la nascita delle poleis, avvenuta attorno al IX secolo a.c.
La civiltà greca fu caratterizzata, sostanzialmente, da tre fasi:
- ellenizzazione: periodo in cui il mondo ellenico si espande a macchia d'olio grazie alle conquiste di Alessandro Magno;
- romanizzazione: sincretismo tra civiltà greca e latina – non a caso la lingua colta a Roma diviene il greco;
- cristianizzazione: la religione cristiana ingloba entrambe le civiltà.
I primi storici greci furono Erodoto e Tucidide, che vissero e raccontarono la storia in presa diretta; per questo all'epoca non fu possibile distinguere la storia dalla cronaca – distinzione questa che avverrà in seguito. Il primo, Erodoto, raccontava la guerra contro i persiani, mentre il secondo, Tucidide, narrava la famosa guerra del Peloponneso tra ateniesi e spartani. Entrambi furono per la storia quello che Platone e Aristotele furono per la filosofia.
La storia, va precisato, non è una scienza esatta e non ha alcun interesse a diventarlo. Essa ha a che fare con fatti contingenti ma non necessari; può essere ideologica, intesa come fattore che cerca di giustificare o spiegare un determinato accadimento storico (vedi l'esauriente spiegazione data da Marx ne L'ideologia tedesca).
Le civiltà minoica e micenea furono le progenitrici dirette di quella greca. A proposito di queste due civiltà si hanno solo fonti mitologiche e perlopiù indirette. Si sa che la civiltà minoica confluì poi in quella micenea. Non è un caso dunque che si faccia cominciare la storia greca attorno al 1200 a.c., cioè quando la civiltà micenea venne conquistata da un popolo nordico (di area germanica), gli achei – coi quali si mescolò. Altre popolazioni colonizzatrici furono i dori, ovvero gli spartani – i quali si consideravano discendenti di Eracle o Ercole e per questo si facevano chiamare anche eracli; gli ioni, nell'Attica e nelle Cicladi; gli eoli, in Tessaglia. A poco a poco queste tribù divennero stanziali, pur rimanendo gruppi senza un'unità politica vera e propria. Tuttavia si conservò pressoché intatto l'ideale panellenico, che pretendeva l'unificazione degli eterogenei popoli greci, ma pur sempre provenienti dallo stesso ceppo e professanti la medesima religione olimpica.
La città di Sparta era la più antica delle poleis greche e venne costituita dai dori, popolazione indoeuropea. Sparta era strutturata in tre classi sociali:
- gli spartiati, appartenenti al ceto dominante;
- i perieci (letteralmente “quelli che abitavano intorno”), ovvero commercianti e artigiani;
- gli iloti, i cosiddetti “servi della gleba”.
I giovani spartani venivano formati in un'educazione fortemente militarizzata. Nello specifico essi venivano riuniti in speciali confraternite, dov'erano addestrati sia in esercizi ginnici ma anche poetici. L'istituzione del matrimonio godeva di scarso credito presso gli spartani. Emblematico fu il fatto che tre fratelli potevano, addirittura, spartirsi una moglie. Contro simili costumi si scagliò la potente invettiva dell'ateniese Pericle, che non tollerava il sacrificio del singolo individuo sull'altare della collettività. Pericle fu altresì persuaso che l'interesse della polis coincidesse con la somma degli interessi privati, cioè era convinto che più si fosse lasciato campo d'azione al singolo e maggiore sarebbe stato l'apporto che questi avrebbe dato all'intera collettività! Memorabile fu un suo discorso riportato da Tucidide, in cui il grande uomo politico ateniese sintetizzava efficacemente la filosofia della sua polis: “Siamo attratti dal bello ma con misura. Amiamo la sapienza ma non con mollezza. Noi siamo la scuola dell'Ellade”. In una diversa prospettiva si pose Platone, invece, il quale fu uno dei più grandi estimatori del forte modello di governo spartano, presieduto da un'irreprensibile aristocrazia militare; a differenza del debole modello ateniese, presieduto altresì da una corrotta plutocrazia commerciale. Egli considerava: governo dei migliori, il primo, e, governo dei più ricchi, il secondo. Del resto non poteva essere diversamente per l'acclamato autore de La repubblica – opera questa che più di ogni altra risulta il suo testamento filosofico vero e proprio, scritta peraltro nel periodo in cui Atene uscì sconfitta dalla guerra contro Sparta e dove, appunto, al governo vi era una tirannide d'ispirazione spartana. Non a caso queste due diverse concezioni, una spartana e l'altra ateniese, sarebbero proprio all'origine delle moderne divisioni e incomprensioni tra socialisti e liberisti.
Nel libro II delle Storie, Erodoto si soffermò sulla religione greca. Omero ed Esiodo invece furono quelli che cominciarono a fissare la religione olimpica, dando così un preciso ordine al pantheon delle divinità: il loro numero fu fissato a dodici ed esse procedettero a coppie, a partire dalla prima coppia formata da Zeus/Era. Sant'Agostino, riguardo agli dèi pagani, formulò alcune ipotesi tra cui: o non esistono e sono solo invenzioni dei poeti; oppure esistono ma sono nientemeno che demoni, vie di mezzo cioè tra il divino e l'umano i quali si prendono gioco dei poveri e sciocchi umani (questa, tra l'altro, era la convinzione dello stesso Agostino). Questa concezione agostiniana sui demoni verrà poi ripresa dal Cristianesimo medievale, ossessionato dalla presenza incessante di queste divinità maligne, in contrapposizione con il Dio buono.
La religiosità greca è di natura mitica, a differenza di quella romana, che è di natura politica. Oltre ad essere una teologia mitica è anche fisica, ossia gli dèi vengono fatti coincidere con gli elementi naturali – credenza questa diffusa dagli stoici. La teologia mitica non è propriamente la migliore, poiché assegna delle passioni fin troppo umane, spesso anche negative, alle divinità. Come afferma Platone ne La repubblica, onde evitare spiacevoli equivoci occorre dunque sorvolare sulle passioni negative delle divinità per non pregiudicare l'ordine naturale all'interno della polis. Infatti egli sostiene che sia meglio bandire quei poeti che inculcano strane credenze sulle divinità e nel sostenere ciò pensa, soprattutto, alle figure di Omero e di Esiodo. La teologia fisica, invece, nella misura in cui demitologizza, porta dritta all'ateismo e al peggior nemico di qualsivoglia religione: il materialismo, ovvero quella credenza secondo cui la materia non è che la risultante di un aggregato di atomi. Materialismo che verrà poi ripreso dalla setta degli epicureisti. Quella epicurea fu una morale privata che si pose in alternativa alla morale pubblica platonica-aristotelica.
Oltre al materialismo vi fu però anche un'altra corrente che fa capo al sofista Protagora: l'agnosticismo. Agnostico era colui che dice – come Protagora – né di credere né di non credere, principalmente per due ragioni: l'oscurità e la brevità della vita umana. Infine c'era chi, come Poseidonio, credeva in un'unica Sapienza, capace di accomunare tutte le dottrine e tutti i popoli – la filosofia perciò può venire intesa come ricerca di questa antichissima Sapienza sepolta. Tanto più un testo era antico, tanto più questo si approssimava al divino! In sostanza, secondo Poseidonio, gli antichi erano fra tutti quelli più vicini al divino.
Il platonismo venne pian piano conglomerato nel cristianesimo. Filone di Alessandria credeva, addirittura, che il Timeo platonico non fosse nient'altro che una rielaborazione della Genesi. Clemente Alessandrino credeva, invece, che il platonismo fosse stato una fase preparatoria del cristianesimo. Questi affermava, inoltre, che il figlio di Dio fosse scaturito dal Logos – o Logica – del Padre, oltre ad essere il medium che ha fatto da tramite per la creazione del mondo. Il Logos con Clemente, quindi, assunse i connotati di un disegno razionale, riconducibile al “mondo delle idee” platonico. Ogni uomo, in quanto essere razionale, poteva connaturare qualche frammento o “scintilla” divina – per usare un'espressione tanto cara alla “gnosi” –, che gli permetteva di giungere alla Verità. Clemente sottolineò, infine, che l'aspetto della ratio divina fosse derivato dagli ebrei (con Mosè e gli altri profeti) e dai greci (con Platone e gli altri filosofi). Dunque secondo quest'ottica, Cristo divenne il mediatore tra due civiltà: ebraica ed ellenica. In definitiva, il Cristianesimo fondeva mirabilmente due esperimenti ad esso precedenti quali: la tradizione profetica ebraica e la filosofia greca.
A Babilonia si fece discendere l'origine della filosofia a Zoroastro, vivente all'epoca di Ciro il Grande. Dallo zoroastrismo, poi, si originò la filosofia greca. Queste influenze dello zoroastrismo furono particolarmente evidenti nel pitagorismo. Non è da escludere che Pitagora, vivendo a Samo – isola vicina all'Anatolia, dunque aperta alle influenze persiane – e viaggiando molto, si fosse potuto trovare a stretto contatto con lo zoroastrismo, rimanendone a sua volta direttamente influenzato.
Riassumiamo ora le tappe principali della storia greca:
Il periodo compreso tra il 1200 e l'800 a.c. rimase piuttosto oscuro, non a caso diversi storici furono concordi nel definirlo – data la sua pressoché totale oscurità – “Medio Evo ellenico”, l'unico evento degno di nota fu la guerra di Troia e la successiva produzione, nonché diffusione, dei miti omerici.
Nel 776 a. c. si svolse, ad Olimpia , la prima Olimpiade, il cui obiettivo fu quello di veicolare l'ideale panellenico mediante i Giochi e l'agonismo. Qui infatti confluirono membri di tutte le tribù greche.
Dal VII al IV secolo a. c. si ebbe l'apogeo della civiltà greca. Quest'epoca costituì il “faro” del periodo classico e vide la fioritura di tutte le fondamentali discipline. La regina incontrastata di questo periodo fu la filosofia, grazie a Platone e ad Aristotele. Inoltre, sempre prodotto di questo periodo, fu il cosmopolitismo diffusosi con l'avvento al potere del carismatico e leggendario Alessandro Magno.
L'impero costruito da Alessandro, subito dopo la sua morte, si sgretolò e si frazionò in più dinastie, tra cui quella dei tolomei che stabilì la propria sede ad Alessandria – luogo in cui venne conservata un'imponente biblioteca. Qui appunto si spostò il baricentro culturale della civiltà greca.
Nel 146 a.c. Roma conquistò la Grecia. Il rapporto tra la civiltà greca e quella romana non fu mai lineare. A differenza dei greci, i romani non schiavizzarono mai i popoli sottomessi e lo stesso fecero coi greci. I romani, infatti, si appropriarono degli aspetti migliori della civiltà greca. Si pensi alla religione romana, ricalcata sullo stesso modello di quella greca. Esse si differenziavano soltanto per i nomi delle singole divinità, mentre il loro ruolo rimase pressoché invariato. In definitiva, con il sopraggiungere dell'Impero romano, vi fu un ritorno al cosmopolitismo di Alessandro e dalla polis si passò definitivamente alla cosmopolis...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

"Dal VII al VI secolo a. c. si ebbe l'apogeo della civiltà greca." ... facciamo dal VII al IV (4°)?

Anonimo ha detto...

Grazie per la segnalazione!
Errore di battitura (capita anche agli editor più esperti, figuriamoci a me), provvedo subito a correggere...