23.11.07

La nascita del Partito Democratico

di Marco Apolloni

Una nuova creatura è stata partorita in quel “variegato” universo politico nazionale. Si chiama Partito Democratico, ma dagli amici si fa già chiamare con la sigla abbreviata PD. Il traghettatore, il Caronte di turno, che avrà il compito di condurre quella risma di politici dannati e litigiosi lungo le acque sulfuree dello Stige infernale, è nientemeno che Walter Veltroni.
Sì, proprio lui, quello che lo spietato vignettista Forattini raffigura come una macchietta con il corpo di larva e una faccia floscia, con l'inconfondibile neo alla Cindy Crawford in rilievo. L'immagine veltroniana consegnataci dal tratto del celebre vignettista non gli rende certamente onore. Anche se in quanto ad avvenenza questi non può decisamente competere con i suoi due colleghi “piacioni” Rutelli e Casini. Se non altro si tratta di un politico purosangue, a trecentosessanta gradi, che svetta sugli altri per cultura e umanità. Scrittore da un lato e terzomondista convinto dall'altro, Veltroni incarna il “volto nuovo” della politica italiana.
Il suo lato umano – anche se dovremmo dir meglio “umanitario” – merita una particolare menzione. Un politico con l'Africa nel cuore, questo è Veltroni; ossia uno con un occhio di riguardo per gli emarginati della terra, persuaso che le loro sfortune presto o tardi finiranno con il riversarsi sciaguratamente su di noi e che, quindi, prima ci occuperemo delle loro piaghe sanguinanti e prima cureremo anche le nostre – tra cui su tutte: una selvaggia quanto sfrenata immigrazione. Perché dare un aiuto a queste persone nella loro terra madre, può voler dire non ritrovarsele dietro la porta di casa a elemosinare disperate la nostra carità, che a noi non costa nulla o quasi mentre a loro garantisce un pasto caldo per tirare a campare...
A questo proposito, naturalmente, ha qualcosa da ridire il líder máximo della Casa delle Libertà, che sorride all'idea che Veltroni rappresenti la “novità assoluta” della politica italiana. Di sicuro Veltroni non è politicamente “vergine” e vanta senza dubbio una non indifferente esperienza politica sin da quando, poco più che ventenne, entrò a far parte del consiglio comunale della sua città natale. Se non altro, però, di lui possiamo dire che sia “il più giovane fra i più esperti” e fidatevi che in tempi di magra come i nostri e – quel che è peggio – in un Paese come il nostro, abituato all'egemonia politica degli ultra-settantenni, non è poco. Quando si dice, infatti, che occorre fare largo ai giovani, di solito si fa del qualunquismo spicciolo. Parola di giovane, ve lo garantisco. Molto spesso giovane è sinonimo di sprovveduto, quindi occorre sì una maggiore partecipazione dei giovani in ambito politico, però essi vanno disciplinati da gente più svezzata e abituata ai compromessi o agli intrighi di palazzo di cui è fatta da sempre la politica.
Cinquantenni come Veltroni – dunque neanche troppo vecchi – forse sono il “segno” che i tempi stanno cambiando e cioè che si sta avvertendo, con crescente persistenza, l'esigenza di dare maggiore credibilità alla nostra “malridotta” politica nazionale. Specialmente in un momento come questo, talmente delicato, in cui tanto si discute di quell'aberrante fenomeno chiamato anti-politica (ben peggiore di quel male, la politica, di cui pretende di essere la cura) e dove i “grillomani” di tutta Italia si danno appuntamento in mezzo alle piazze, gettando il nostro Paese nel caos più totale.
Certo, Veltroni non è senz'altro un volto nuovissimo ma perlomeno è fresco. Ha il volto di chi non ha ancora commesso grossi sbagli e a cui, pertanto, dobbiamo concedere il privilegio di sbagliare, purché lo faccia in buona fede. Partendo dallo sconsolato assunto che chi fa politica deve – in una certa misura – sporcarsi un po' le mani, auguriamo sinceramente al nuovo leader del Partito Democratico di sporcarsele ma di ricordarsi ogni tanto di sciacquarsele, per lavar via la sporcizia...

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