31.10.06

Il “cortocircuito” della democrazia

di Marco Apolloni
Vi siete mai domandati come sono distribuite le democrazie nel nostro globo terracqueo? Io ultimamente sì e da studioso di “scienze umane” ho formulato anche una mia personale teoria al riguardo. La democrazia di certi paesi dipende solo ed esclusivamente dalle diverse condizioni climatiche che in essi si possono trovare. A seconda delle latitudini o longitudini un popolo è più o meno predisposto ad un certo tipo di governo. Solitamente nei paesi dove il clima è più esasperante – o fa troppo caldo o fa troppo freddo – il regime di governo meglio consolidato è quello dittatoriale. Difatti in questi paesi la popolazione indigena è assai più preoccupata a resistere a certe “intemperie climatiche” piuttosto che ai loro “intemperanti governanti”. Perciò ecco qua che in questi posti si sviluppa una circoscritta oligarchia, in cui sono solo in pochi a godere di un certo grado di benessere. Mentre il popolo – concetto tanto astratto, quanto difficile da delimitare – viene ripetutamente strumentalizzato e vessato nel peggiore dei modi. La caratteristica principale di ogni sana democrazia è che può “essere partecipata” dall’intera popolazione di un determinato paese. Solitamente essa, per maggior efficacia, è di tipo rappresentativo. Lo strumento democratico per antonomasia – di vitale importanza per il buon funzionamento di qualsiasi sistema politico – è il voto mediante il quale si esprimono le proprie preferenze e si scelgono i propri rappresentanti. Ovviamente l’esercizio di tale strumento resta in ogni caso condizionato da alcuni fattori esterni, ovvero si è costretti a scegliere tra una griglia ristretta di candidati, i quali necessariamente non saranno delle “prime scelte”, però quanto meno saranno scelti in base ad un ampio campione rappresentativo della popolazione.
Prendiamo alcuni esempi più luminosi in cui gli ingranaggi democratici sembrano funzionare alla perfezione, ovvero i paesi nordici e fra questi quello tenuto da tutti in più gran conto: la Svezia. Qui, stranamente, tutti sono abituati a pagare più tasse per avere dei servizi migliori. Il welfare, o “stato sociale”, funziona a meraviglia! Da noi, ad esempio, diversamente le tasse sono viste da tutti come un autentico “spauracchio”. Tant’è che, ogni qual volta andiamo a votare, gli indecisi di turno scelgono quasi sempre il candidato premier che gli promette “meno tasse per tutti”. Poco importa se ciascuno nel proprio piccolo le ri-paghi dieci volte tanto in mille altri modi, tanto il popolino è ben lieto che lo Stato gli abbia abbassato le tasse, anche se magari ha tagliato fondi a: ospedali, asili nido, scuole, università (e chi più ne ha più ne metta). Ciò è dovuto, principalmente, all’ignoranza predominante della gran parte della nostra popolazione. Al contrario di noi, dove i libri vengono visti come “entità astratte” visto il clima ideale, la Svezia detiene invece il primato di “popolo che legge di più al mondo”. Anche dietro a questo dato, le ragioni andrebbero ricercate nel clima nordico, dove le giornate sono più brevi e dunque le ore di tenebra sono maggiori di quelle di luce. Perciò esse ispirano maggiormente lunghe letture in casa, magari riscaldati davanti al proprio crepitante caminetto.
Un altro dato, questa volta ben più allarmante, è che in Finlandia si riscontrano più suicidi che in ogni altro angolo della terra. E questo perché il clima locale incute una certa innegabile depressione. In paesi come il Brasile o Cuba, invece, la gente del posto ha in sé il “gene dell’allegria” e non potrebbe essere altrimenti con un clima come il loro, dove il Sole non dico che splende tutto l’anno ma poco ci manca. Infine nell’Africa cosiddetta “nera”, la popolazione si scanna perennemente in sanguinose guerre fratricide. Lo credo bene… Il loro territorio arido è povero e manca della più inestimabile delle risorse, cioè: l’acqua. E allora mi chiedo, come si può impedire il proliferare di dittature “militari” in un simile contesto, dove non c’è democrazia perché, prima di tutto, non c’è conoscenza: la sola capace di rendere le persone davvero libere. A questo proposito, credo che le nostre evolute democrazie occidentali debbano occuparsi con maggiore serietà e presa di coscienza della drammatica situazione in cui versano i paesi del Terzo Mondo. Dunque io ritengo che essere “terzomondisti” sia per noi una scelta obbligata, anche perché loro fanno figli, mentre noi abbiamo da tempo smesso di farli. Quello che ne conseguirà, con il passare degli anni, sarà che loro diventeranno sempre più numerosi mentre noi, invece, saremo sempre meno. Pertanto presto o tardi c’invaderanno – dato il loro esponenziale aumento. Ecco qui, che persino i più ostinati fra noi si dovranno rendere conto della dura e incontrovertibile “realtà delle cifre”, che temo – prima o poi – finirà per schiacciare la nostra arroganza tutta occidentale! Il Terzo Mondo ci riguarda tutti da vicino, anche perché andando avanti forse esso emigrerà da noi…

27.10.06

"How to dismantle an atomic bomb" degli U2

di Paolo Musano

Non è facile scrivere di ciò che si ama, perché, come ben sanno i buddhisti, si rischia di distruggerla, oppure la paura che cambino i nostri rapporti con essa ci può paralizzare. Ma io ci proverò lo stesso. Gli U2 sono la colonna sonora della mia vita. Sono cresciuto con loro e, come ogni fan della mia generazione, molte parti della mia biografia sono associate alle loro canzoni. Ho passato una fase adolescenziale in cui Bono era il mio mito. Mi vestivo come lui, compravo gli stessi occhiali e sognavo di diventare una rockstar. Adesso lo ammiro come artista e come uomo. È incredibile quello che è riuscito a fare (e sta facendo) per l’Africa, con le campagne umanitarie di cui si è fatto promotore. I critici maligni dicono che da quando è così impegnato politicamente, passa sempre meno tempo con il gruppo e la musica degli U2 ne risente. Io non sono di questo avviso, ma devo ammettere che, dopo “All that you can’t leave behind” (un album che alcuni considerano melenso, ma che per me è pieno di melodie straordinarie), sono rimasto un po’ deluso. Forse è sbagliato aspettarsi, dopo venticinque anni di gloriosa carriera, un album come “Achtung baby” (il tempo passa per tutti e lo showbusiness è una morsa spietata), ma sebbene ci siano pezzi notevoli, non sono queste canzoni che mandi a memoria e che ti restano impresse.

“How to dismantle an atomic bomb” (Come smontare una bomba atomica) è un bel titolo che è stato suggerito loro da un pittore. È una provocazione, ma vuole essere anche una domanda. La risposta che ha dato Bono in un’intervista è: «With Love.» (Con l’Amore). La miracle drug che è una merce sempre più rara di questi tempi e che tutti cercano chissà dove, quando, come nella storiella zen, basterebbe guardarsi dentro, essere un po’ più consapevoli.
I testi di Bono sono, naturalmente, influenzati dalla politica (come “Crumbs from your table” [Briciole dal tuo tavolo], una metafora che si riferisce all’America: basterebbero le sue briciole per cambiare drasticamente la situazione nel continente africano; probabilmente le ‘briciole’ non sono semplicemente i soldi, ma anche il know-how, la tecnologia e la consapevolezza), ma sono anche molto intimi (come “Sometimes you can’t make it on your own” [A volte non ce la fai da solo], una ballata molto dolce dedicata a Bob Hewson (il padre di Bono) [a cui è dedicato, tra l’altro, l’intero album]).
Le canzoni che rimangono, dopo un ascolto più meditato, sono “City of the blinding lights” (un pezzo che sembra riassumere l’intera carriera degli U2. È una canzone che fa pensare a New York, ma anche a una ragazza misteriosa e bellissima, intravista nella strada di una metropoli. Il ritornello trascinante dice: «Oh, you look so beautiful, / tonight, / in the city of blinding lights» [Oh, sei così bella, stasera, nella città dalle luci accecanti]) e “Sometimes you can’t make it on your own”.
Nelle altre tracce ci sono, volontarie o involontarie, citazioni dei vecchi successi della band. Questo, forse, ne condiziona l’ascolto e fa sembrare alcune canzoni, a tratti, poco spontanee ed eccessivamente filtrate dal lavoro in studio, sebbene Bono raggiunga punte espressive molto alte, come in “A man and a woman”.
C’è da dire che gli U2 sono una di quelle rockband che rende al massimo nei live, e che ci ha abituati a sempre nuovi arrangiamenti nei suoi concerti. E’ questo uno dei punti di forza del gruppo. Perciò un giudizio obiettivo dell’album non può prescindere dall’ascolto della versione live dei singoli pezzi. Effettivamente, “Yahweh” e “Original of the species” (due tracce che mi erano piaciute poco) nello splendido “Vertigo 2005 / U2 live from Chicago” fanno la loro figura, tant’è che le ho rivalutate.

Considerato quello che c’è in giro oggi, “How to dismantle an atomic bomb” è un album con un livello artistico mediamente alto. Finora, e non credo di parlare da fan, gli U2 non hanno pubblicato album brutti, hanno cercato sempre di mettersi in discussione. Ricordo che quando uscì “Pop” molta gente si scandalizzò, dicendo che le canzoni erano indecenti, salvo, a distanza di anni, ricredersi e affermare tutto l’opposto. Stesso discorso per “Achtung baby” (il loro capolavoro, da molti fan considerato un vero e proprio tradimento). Per me, Bono e i suoi amici sono dei grandi artisti, ma sono anche degli uomini molto intelligenti. In ragione di questo, a meno che non abbiano venduto l’anima al diavolo da un pezzo (ricordate Mr. McPhisto, vero?), ci possiamo aspettare ancora grandi cose da loro. Non sono ancora dei vecchietti e delle caricature di loro stessi come i Rolling Stones, per fortuna. Certo, la voce di Bono non è più quella di una volta (in un’intervista a Rolling Stone ha dichiarato che tutto è cambiato dopo un intervento alla gola; di sicuro però non gli avranno fatto bene neanche tutto l’alcol e il fumo consumati negli anni ’90), ma sebbene non possa più gridare come ai tempi di “War” e “Unforgettable Fire”, è comunque molto più espressiva di prima. Bono è un soul-singer per le emozioni che riesce a trasmettere. Nessuno riesce a commuovermi come lui, anche adesso, quando intona ballate gospel come “Stuck in a moment you can’t get out of it”. A proposito, a quando un disco solista, Bono? Perché non seguire l’esempio di Thom Yorke dei Radiohead, e dopo organizzare una manciata di date in teatri selezionati? (Provocazione? ;)) Fino a un certo punto…)

23.10.06

Emergenze dimenticate: Roberto Bolle ci parla del Sudan

di Silvia Del Beccaro
Da decenni il Sudan vive una situazione di continui conflitti. In Darfur, una regione grande quasi due volte l'Italia e formata dai tre Stati (il Darfur Settentrionale, Occidentale e Meridionale), si sta consumando una grave crisi umanitaria che costituisce solo l'ultima variante di una guerra civile che si protrae quasi senza sosta dall'Indipendenza, ottenuta dall'amministrazione coloniale anglo-egiziana nel 1956.
L'origine del conflitto risale alle profonde disuguaglianze lasciate in eredità dall'amministrazione coloniale, con una concentrazione di risorse economiche e poteri decisionali nel nord arabo a scapito del sud abitato da popolazioni africane. Oggi, mentre il decennale conflitto tra nord e sud sembra giunto a conclusione dopo la firma nel 2005 di un accordo di pace tra il Governo sudanese e il Sudan People's Liberation Army (il principale gruppo ribelle del Sud Sudan), il timore di una spartizione esclusiva del potere tra queste due forze sembra acutizzare le violenze nel Darfur.
Le origini del conflitto nella provincia occidentale del Darfur vanno infatti ricercate nel riassetto di poteri scaturito dal processo di pace tra nord e sud da cui il Darfur è rimasto sostanzialmente escluso, in un contesto in cui si inseriscono le tradizionali tensioni interetniche tra popolazioni africane stanziali e popolazioni di cammellieri nomadi d'origine araba, in un ambito di risorse idriche e agricole profondamente scarse. Il lungo conflitto tra nord e sud del paese e quello in Darfur hanno causato un massiccio sfollamento di civili, la distruzione delle infrastrutture di base e l'erosione dei meccanismi di sussistenza della popolazione, oltre a una grave e diffusa violazione dei diritti umani.
Gli sfollati sono più di 4 milioni, altre decine di migliaia stanno facendo ritorno verso le proprie terre d'origine nel sud del paese; tutti necessitano assistenza umanitaria immediata.
Allo stato attuale, se l'accordo di pace tra nord e sud offre un'opportunità storica per imprimere una svolta alla gravissima condizione di donne e bambini nel Sudan meridionale, in Darfur la fragile tregua siglata all'inizio del 2005 ha subìto numerosi colpi, con guerra e mancanza di condizioni minime di sicurezza che restano all'origine di una crisi umanitaria che coinvolge direttamente un milione e 400 mila bambini, mentre un altro milione e mezzo vivono isolati in comunità rurali completamente tagliate fuori dagli interventi umanitari, e soffrono di malnutrizione, malattie e violenze.
Nonostante l'accordo di pace, in Sudan la salute e il benessere di donne e bambini non sono, nell'ultimo anno, migliorati.
Un'indagine campione sui servizi d'assistenza ostetrica d'emergenza effettuata nel sud Sudan indica che il tasso di mortalità materna potrebbe essere perfino cresciuto rispetto al 2003. Nel nord del Sudan, inoltre, la pratica diffusa delle mutilazioni genitali femminili contribuisce ad accrescere i rischi sanitari affrontati dalle donne.
Malaria, diarrea e infezioni respiratorie acute continuano a provocare la morte, ogni anno, d'oltre 100.000 bambini sotto i 5 anni d'età.
Agli inizi del 2005 è stata accertata una situazione alimentare grave in numerose aree del paese e si stima che circa 17 milioni di persone non abbiano ancora accesso all'acqua potabile e più di 20 milioni a servizi igienici per lo smaltimento di rifiuti organici.
Roberto Bolle testimonial dell'Unicef
Etoile del Teatro alla Scala di Milano, Roberto Bolle ha danzato sui palchi più prestigiosi del mondo e per le più importanti personalità internazionali. Il suo lavoro gli ha dato la possibilità di viaggiare e di entrare in contatto con realtà molto problematiche. Questo ha inciso sulla sua sensibilità spingendolo ad abbracciare la causa dell’Unicef.
Nel 1999 è stato nominato Goodwill Ambassador dell’Unicef Italia “per sensibilizzare e coinvolgere l'opinione pubblica, ed in particolar modo il mondo giovanile, sui problemi dell'infanzia, testimoniando e promuovendo la solidarietà e il sostegno alle iniziative dell’organizzazione”.
Nel 2001 Bolle ha promosso l'iniziativa “Yes for children”, referendum promosso su scala mondiale che ha permesso di raccogliere quasi un milione e mezzo di firme in favore dei diritti dell'infanzia. È stato testimonial delle campagne “Adotta una bigotta” e “Pigotte liriche”, organizzate in occasione delle feste natalizie dall’Unicef Italia per dare in adozione le pigotte, bambole di pezza realizzate da migliaia di volontari che aderiscono a questo progetto. Con un'offerta minima di 20 euro, corrispondente al costo medio di un ciclo vaccinazione in un paese a basso reddito, si assicurava l'immunizzazione completa ad un bambino.
In occasione dei 30 anni del Comitato Italiano per l’Unicef, Bolle ha partecipato all'evento speciale di raccolta fondi “Venezia Cinema for UNICEF”, organizzato nell'ambito della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Dopo la terribile strage di Beslan, in cui morirono 156 bambini, la somma raccolta è stata destinata alla comunità colpita dal drammatico evento.
Il 1 marzo del 2006 Bolle ha preso parte all'anteprima italiana di “All the invisible children”, film collettivo diretto da otto grandi registi (Medhi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Katia Lund, Jordan Scott e Ridley Scott, Stefano Veneruso e John Woo) dedicato ai bambini privati dei loro diritti. Parte dei proventi del film sono andati a sostegno dei progetti dell’Unicef.
Infine, durante le Olimpiadi di Torino 2006, è stato testimonial della campagna “Un SMS solidale per il Sudan” assieme ad altri due ambasciatori Unicef (Deborah Compagnoni e Paolo Maldini). La campagna ha permesso di raccogliere 500.000 euro, cospicua somma necessaria a vaccinare più di 25.000 bambini.
«Quello in Sudan è stato il mio primo viaggio insieme all’Unicef – ha raccontato Roberto Bolle –. Durante questa esperienza ho potuto scoprire meglio la situazione in cui si trova il Paese, ovvero: una condizione di grandi emergenze e di grandi necessità. Trovarmi a contatto diretto con le sofferenze, soprattutto dei bambini, è stato emotivamente pesante e difficile. Tuttavia è stato incoraggiante vedere come proprio quegli stessi ragazzi, nonostante la condizione di estrema povertà, riescano sempre a salutarti con il sorriso stampato sulle labbra, quando ti incontrano per strada. Inoltre sono rimasto estremamente colpito dal grande lavoro che stanno portando avanti l’Unicef e le altre organizzazioni non governative che lavorano sul campo e che, quotidianamente, sono a contatto diretto con quella realtà».

11.10.06

"Matrix", la trilogia dei fratelli Wachowski

di Paolo Musano

Sulla trilogia dei fratelli Andy e Larry Wachowski si sono riversati fiumi di inchiostro (tra i tanti saggi usciti in questi anni sono da segnalare quelli di Slavoj Zizek, autore del premiato “Benvenuti nel deserto del reale”) e a ragione, dato che stiamo parlando (e qui ci riferiamo soprattutto al primo capitolo) del miglior film di fantascienza degli ultimi decenni, secondo soltanto a “Blade Runner” di Ridley Scott. Ma naturalmente non si tratta solo di questo. Le scene di azione fanno impallidire i due “Terminator” di James Cameron e le coreografie di arti marziali fanno sembrare i film di Van Damme delle ragazzate poco convincenti. Il successo di pubblico e di critica è stato enorme, anche se, come vedremo, ci sono state delle ombre. Le ragioni non sono soltanto di ordine tecnico. La grande presa che ha avuto il film può essere spiegata col fatto che è uscito in momento storico molto delicato. E, se non delle risposte, ho fornito una chiave di lettura diversa alle inquietudini, ai dubbi e all’alienazione dell’uomo contemporaneo.

Prima di addentrarci nelle speculazioni filosofiche, però, forse è il caso di chiedersi: “Ma chi sono Andy e Larry Wachowski?”. A dir la verità di loro si sa ben poco. Il loro primo film ,“Bound”, era una torbida e cupa storia d’amore lesbo. Una pellicola mediocre che è stata un flop al botteghino e che ha fatto parlare di sé solo per le più esplicite scene di sesso lesbo mai viste negli ultimi anni al di fuori dell’ambiente porno. I fratelli Wachowski da subito si sono chiamati fuori dai rituali e dal jetset di Hollywood, dimostrando un grande coraggio e una grande coerenza artistica. Nei loro film hanno voluto fare le cose a modo loro, fregandosene delle regole e della tradizione. Se hanno un debito è con la cultura “underground”, quella degli artisti visuali, la body art e soprattutto i manga. “Matrix” infatti è ispirato a un fumetto (così come il nuovo film che uscirà tra breve: “V come Vendetta”, ambientato in un futuro dove si respirano le stesse atmosfere di “1984” di Orwell e “Fahrenheit 451” di Bradbury, dove ogni forma di arte è bandita e i pochi rimasugli di cultura sono tenuti in vita da società segrete gestite da terroristi anarchici). Fin qui niente di strano. Ma se Andy, il più tracagnotto, non è molto diverso dal tipico americano del ventunesimo secolo, suo fratello Larry è una figura più sfuggente. Di lui i giornali scandalistici si sono occupati a lungo recentemente. Si dice che stia per cambiare sesso, per diventare donna. Ha rotto il suo matrimonio per instaurare una relazione con Ilsa Strix, una bionda statuaria, star del porno fetish sadomaso, fino a poco tempo fa legata a Buck Angel, un transessuale conosciuto nell’ambiente come “il tizio con la figa”. Alcuni critici sostengono che questa relazione abbia pesato non poco anche nella vita artistica di Larry (come non pensare ai costumi in latex dei personaggi principali di “Matrix”, incredibilmente somiglianti a quelli che indossano gli attori dei film porno sadomaso?). Nel caso del secondo e del terzo capitolo della trilogia di “Matrix”, indubbiamente pare che sia cambiato qualcosa. Si nota uno stacco rispetto al primo film che in alcuni punti è effettivamente un calo. Non a caso i critici hanno sottolineato la mancata tenuta della sceneggiatura, l’abuso di effetti speciali e un insufficiente lavoro sui personaggi (che in alcuni punti diventano delle vere e proprie caricature) in “Matrix Reloaded” e “Matrix Revolutions”, gli ultimi due film della trilogia. Le ragioni sono imputate proprio alla disattenzione di Larry Wachowski, troppo impegnato nella sua perversa relazione con Ilsa Strix per preoccuparsi di far funzionare alla perfezione il meccanismo della regia dei suoi film. Ma, al di là della fondatezza di queste affermazioni, restano i contenuti profondi del film, quelle componenti che hanno toccato l’intimo dell’uomo del XXI secolo e hanno reso “Matrix” un vero e proprio fenomeno di “culto” (un po’ come era successo con “Star Wars” di George Lucas).

La storia: In un futuro non troppo lontano le macchine hanno il controllo (uno scenario non molto diverso da quello del “Terminator” di James Cameron). La maggior parte degli uomini non lo sa, ma è sotto il giogo di queste macchine. Gli esseri umani sono tenuti in vita per un semplice motivo: a causa della distruzione del pianeta, dell’esaurimento delle risorse, dell’oscuramento del sole (successivo a un probabile olocausto nucleare), sono l’unica fonte di energia rimasta. Le macchine per funzionare ne hanno un continuo bisogno, perciò gli esseri umani sono creati con l’ingegneria genetica e coltivati in immensi campi-laboratorio. Gli uomini ignorano questa terribile verità perché le loro menti vivono in “Matrix”, un programma incredibilmente complesso creato appositamente per renderli schiavi e mantenerli schiavi. Tuttavia c’è una piccola comunità di uomini che è riuscita a scollegarsi da “Matrix”, che conosce la verità e che vive relativamente libera in una città sotterranea chiamata Zion. Tra questi i protagonisti: Morpheus, Trinity e Neo. Morpheus è il più carismatico comandante del gruppo dei ribelli. È a capo di una nave (ma non è la sola, ce ne sono diverse) che periodicamente, grazie a una tecnologia mutuata dalle macchine, diventa una stazione mobile di trasmissione. L’equipaggio della nave, guidato da un operatore, entra ed esce da “Matrix”. Lo scopo è liberare più persone possibile. Ma “Matrix” naturalmente si difende. Ha dei guardiani, chiamati Agenti e guidati dallo spietato Agente Smith, che hanno il compito di individuare gli ‘uomini liberati’ in “Matrix” ed eliminarli, ucciderli. Neo è anche lui un ‘liberato’, ma ha qualcosa di diverso dagli altri. In qualche modo è speciale. Morpheus infatti lo ha cercato, trovato e liberato per un motivo preciso. La profezia di un Oracolo ha predetto che un giorno arriverà un Eletto che distruggerà “Matrix” e riporterà l’uomo al centro del mondo e gli restituirà la libertà originaria (Lo stesso Oracolo dirà a Trinity che si innamorerà dell’Eletto). Ebbene Morpheus pensa che l’Eletto sia Neo. Tutta la trilogia ruota attorno alla figura chiave di Neo: Chi è veramente? E’ o non è l’Eletto?

Le implicazioni filosofiche di questo film sono innumerevoli. E le domande che mette in moto e i dubbi che risolleva sono altrettanto numerosi e si riducono ai grandi quesiti filosofici di sempre: chi sono, dove vado, perché esisto? Innanzitutto sbattiamo davanti all’evidenza che il rapporto mente-cervello, nonostante tutte le speculazioni che si sono succedute da Cartesio in poi, è ancora inesplicabile. È indubbio che la nostra definizione di realtà è limitata dalla struttura del nostro cervello e dei nostri organi di senso, quindi necessariamente arbitraria e soggettiva. Come dice Morpheus a un Neo spaesato all’inizio del primo “Matrix”, ‘quella che noi chiamiamo Realtà non è altro che l’elaborazione corticale degli impulsi elettrici che il nostro cervello riceve dai recettori degli organi di senso’. E questo fatto di per sé è già sconvolgente, perché elimina la fondatezza e la concretezza del nostro essere nel mondo e insinua il dubbio che il nostro cervello potrebbe essere benissimo ingannato e manipolato, come infatti succede quando è collegato a “Matrix”. Il primo riferimento che può saltare fuori è ‘il mito della caverna’ della “Repubblica” di Platone: gli uomini che vivono nella caverna guardano le ombre del ‘mondo vero’ proiettate sul fondo e scambiano quelle ombre per la ‘realtà’, senza accorgersi del trucco, della finzione, dell’artifizio.
C’è poi la tematica della Fede. Quanto è importante credere in qualcosa? Sono le cose in cui crediamo che danno un senso alla nostra vita? Sono la forza della motivazione e il livello di autostima che ci permettono di fare grandi cose, di avvicinarci in qualche modo a Dio?
Nel film Morpheus crede all’Oracolo e quindi crede in Neo. Quando quest’ultimo si convince anche di lui di essere l’Eletto, effettivamente le cose cambiano. Che cosa è successo dentro di lui? A me viene da pensare al Buddhismo: il Satori, l’Illuminazione, porta con sè delle Consapevolezze che possono avere una portata enorme nella vita di un uomo. Che cosa diventa Neo quando ‘comincia a credere’ di essere l’Eletto? Un ‘Risvegliato’, un ‘Buddha’, che poi diventa un ‘Cristo in Terra’, per quello che riuscirà a fare e per il modo in cui uscirà di scena (i ribelli come Morpheus, invece, sono dei ‘bodhisattva’, ‘delle persone che sanno’, che vogliono liberare coloro che non sanno e per questo sono schiavi).
Nel secondo capitolo della trilogia, “Matrix Reloaded”, il personaggio di Neo si definisce meglio in questo senso. Si capisce che lui, forse, ha trovato la chiave per la definitiva liberazione dell’uomo (Ma dov’è questa chiave? Significativo, a questo proposito, il personaggio del “Fabbricante di Chiavi”). Un uomo con la Consapevolezza di Neo ha la possibilità di scegliere. Tutti gli altri uomini non ce l’hanno perché sono dipendenti dal meccanismo di ‘causa-effetto’, come spiega sarcasticamente “Il Merovingio” a Morpheus, Neo e Trinity. Non si può sfuggire il proprio ‘karma’, a meno che… E’ questo il nodo fondamentale della questione.
Nell’ultimo capitolo della trilogia, “Matrix Revolutions” (il meno riuscito dei tre film, a causa dell’uso sproporzionato degli effetti speciali, che fanno scivolare in secondo piano la sceneggiatura e rendono i personaggi dei clichè), Neo, ormai, è un vero e proprio Messia e ci vuole poco a immaginare la fine che farà. La sua morte è una crocifissione simbolica che raggiunge il suo scopo, ma lascia insoddisfatti per il suo esito scontato. Si resta un po’ delusi per l’evoluzione del personaggio che finisce col diventare un sorta di capro espiatorio. Anche se il finale, con l’Oracolo che guarda quello strano tramonto policromo, resta aperto. Si tratta di una nuova nascita del genere umano o è solo l’eterna replica di un copione già scritto? Ognuno darà per conto suo la risposta che meglio crede.

Un ultimo punto su cui vale la pena soffermarsi è l’etimologia dei nomi dei personaggi principali. Di sicuro non sono stati scelti a caso. Morpheus tradotto è ‘Morfeo’, il dio greco dei sogni, uno dei tanti figli del Sonno e della Notte. Trinity tradotto è ‘trinità’, forse non quella cristiana ma quella che si riferisce alle ‘ipostasi’. Nelle “Enneadi” di Plotino le ipostasi sono le tre sostanze principali del mondo intellegibile: l’Uno; l’Intelletto, che procede dall’Uno; e l’Anima, che procede dall’Intelletto. Neo, infine è un prefisso che si riferisce anche alla ‘ricomparsa, ripresa in forma nuova di correnti di pensiero, tendenze’. Viene da pensare a una nuova ‘Età dell’Oro’, a un nuovo ‘Rinascimento’. In italiano c’è poi l’altro significato di ‘malformazione del tessuto’, quindi di ‘anomalia’ (come è chiamato Neo, e dall’Agente Smith e dall’Architetto in “Matrix Reloaded”). Per quanto riguarda il titolo del film, “Matrix” tradotto è ‘Matrice’, che viene dal latino matrice(m), derivato di mater matris, ‘madre’, e significa: ‘utero’; ‘origine’ e ‘radice’.

In conclusione, la morale di “Matrix”, se esiste, potrebbe essere questa: sei libero di non accettare il Sistema, di ribellarti ad esso e di cambiarlo se vuoi. Ma per riuscire a farlo devi prima entrare nel Sistema e diventare anche tu una parte del Sistema. Neo, l'Eletto, è un uomo che ha raggiunto una consapevolezza superiore, e che quindi ha trovato il modo per fregare il Sistema stesso. Gli Illuminati, i Geni, per forza di cose sono delle anomalie pericolose per lo status quo perchè agendo (e per me tra pensiero e azione c'è ben poca differenza) possono rivoluzionare persino quelli che la gente ritiene Dogmi, i Fondamenti, dai quali inevitabilmente deriva qualsiasi concezione della realtà. La trilogia di “Matrix” non è altro che l'epica rappresentazione dei pro e contro di un cammino spirituale. Ci fa vedere, in forma mitica (su uno sfondo fantascientifico), l'eterna lotta tra l'Intelletto (la tecnologia, le macchine: propaggini estreme della Ragione) e lo Spirito (la Fede, il sentimento, la Consapevolezza). E ci fa intuire che non avrà mai fine, se non attraverso una simbiosi (gli uomini dipendono dalle macchine e le macchine dipendono dagli uomini). Il bello è che si arriva a un paradosso: non è possibile essere liberi senza essere schiavi. Può darsi che questo paradosso sia veramente la risposta alla complessità del mondo o delle relazioni umane.

7.10.06

Doping, un fenomeno in crescita

di Silvia Del Beccaro
Su 100 azioni antidoping, condotte in tutti gli ambiti fra la fine del 2004 e il 2005, ben il 70% delle irregolarità portate alla luce ha riguardato proprio le palestre. Sempre più persone infatti tendono ad assumere sostanze nocive per vedersi più gonfi, più muscolosi, più simili a dei body-builder. Il culto del fisico sta toccando gli eccessi, portando gli atleti ad iniettarsi innumerevoli quantità di ormoni, catastrofici per il proprio corpo.
Steroidi… Anabolizzanti… Già al solo pronunciarli, questi termini implicano in sé qualcosa di losco e pericoloso. Noti come sostanze con azione simile a quella dell’ormone maschile “testosterone”, l’uso di steroidi induce modificazioni fisiche, come ad esempio un aumento della massa muscolare e della forza, uno sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari (sviluppo dei genitali, timbro della voce, barba, distribuzione del grasso e dei muscoli), effetti su vari organi e tessuti (produzione dei globuli rossi, bilancio azotato ecc.).
L'uso terapeutico di steroidi anabolizzanti è sempre stato piuttosto raro e limitato: negli anni 60, ad esempio, prima che fosse disponibile l'ormone della crescita in forma ricombinante, l'ossandrolone è stato utilizzato per il trattamento della bassa statura nella sindrome di Turner. Oggi invece vengono esclusivamente utilizzati per la cura dell'angioedema ereditario, dell'ipogonadismo, dell'anemia aplastica, del cancro della mammella e di alcune forme di malattie croniche degenerative.
Purtroppo, contemporaneamente, negli ultimi decenni si è espanso sempre più il consumo di tali sostanze a scopo non terapeutico, in particolare per potenziare le proprie prestazioni fisiche. Non a caso l’assunzione di ormoni steroidei induce un aumento della massa muscolare e questo, a sua volta, consente di affrontare allenamenti più pesanti e di conseguenza miglioramenti più marcati derivanti dall'allenamento stesso nelle prove di scatto e potenza. Inaugurato dai pesisti sovietici negli anni ‘50, l’uso degli steroidi anabolizzanti si è diffuso anche ai pesisti di tutto il mondo e in seguito agli altri sport: ciclismo, nuoto, calcio, ecc… Addirittura oggi sta coinvolgendo anche i giovanissimi adolescenti che, presi dalla foga di imitare i leggendari Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger, si calano sostanze delle quali ignorano tutto: dall’utilizzo corretto e illegale agli effetti collaterali.
Le pratiche di doping più diffuse sono il doping ematico e le manipolazioni chimiche e fisiche dei campioni di urina. Nel primo caso, all’atleta vengono somministrate sostanze di sintesi correlate all’EPO per via endovenosa, che migliorano il trasporto di ossigeno nel sangue. Un’altra pratica è quella dell’autotrasfusione: l’atleta cioè, si sottopone a un prelievo di sangue, che, dopo essere stato adeguatamente conservato e non appena i globuli rossi sono tornati a livello normale, gli viene trasfuso nuovamente, ottenendo così un incremento del numero dei globuli rossi.
I rischi connessi al doping ematico includono reazioni allergiche, possibile trasmissione di malattie infettive, sovraccarico del sistema circolatorio e shock metabolico. Ma non è tutto. Le conseguenze degli anabolizzanti possono essere devastanti:

Effetti su organi riproduttivi e sfera sessuale

Oltre al già riferito rischio di infertilità, che può permanere a lungo anche dopo la sospensione del trattamento, gli androgeni possono promuovere la crescita del carcinoma (tumore) della prostata e della mammella. Inoltre, a causa della conversione periferica del testosterone in ormoni femminili, può verificarsi un paradossale effetto femminilizzante con aumento di volume della ghiandola mammaria (ginecomastia) e riduzione della potenza sessuale.

Effetti sul fegato

Il fegato è uno degli organi più sensibili all’azione degli anabolizzanti. Il grado di compromissione epatica può essere quanto mai vario, oscillando da una lieve alterazione della funzionalità, alla comparsa di cisti ematiche o di tumori.

Effetti sull’apparato cardio-vascolare

È possibile osservare un aumento della pressione arteriosa, probabilmente in rapporto alla ritenzione idro-salina e al tipo di attività fisica prevalentemente anaerobica praticata.

Effetti metabolici
L’uso prolungato di anabolizzanti è un fattore rischio per la comparsa di diabete mellito, soprattutto in soggetti con familiarità per tale malattia, come dimostrato da alterazioni nella tolleranza al glucosio. Inoltre, è spesso riscontrabile un aumento dei trigliceridi e del colesterolo ematici, fattori di rischio di vasculopatie.

6.10.06

Allucinazioni psichedeliche - Seconda parte

di Marco Apolloni

In questa landa desolata che è mondo, il massimo che ci si può augurare è d’incontrare una persona che ci faccia meglio sopportare le nostre profonde solitudini.

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Chi non fa del proprio lavoro il migliore dei lavori possibili è meglio che si suicidi: poiché solo così riuscirebbe a soffrir di meno.

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Nessun vincitore crede di aver vinto a caso, mentre tutti gli sconfitti credono di esser stati vittime di una qualche sciagurata casualità.

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Tutti abbiamo ragione, tranne quando abbiamo torto.

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Il mio aggettivo preferito è imprescindibile; lo devo ad una poesia di Bertolt Brecht intitolata proprio Gli imprescindibili.

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C’è sempre un perché dietro ogni uomo e dietro il perché di ogni uomo si cela sempre qualche pelo di… Indovinate un po’ di cosa, dai che non dovrebbe essere poi tanto difficile, vi facilito il compito. Inizia per F e finisce con… ICA!

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Ci s’inventa di tutto, all’infuori di quello che non si è. Per questo noi siamo quel che siamo, nostro malgrado.

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Non c’è niente che riesce a mettermi più di buon umore di una gran bella giornata di Sole. Qui ad Urbino si respira l’aria profumata del Rinascimento italiano e proprio per questo, come dice la parola stessa, è un po’ come se si rinascesse davvero. Dico sul serio: provare per credere. Ecco perché credo che una bella giornata di Sole sia il balsamo migliore per la nostra anima sbrindellata.

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La nostra vita si snoda lungo due binari: uno pertinente alla sfera esteriore e un altro, invece, a quella interiore. Più questi due binari scorrono paralleli senza mai incontrarsi e più si ha la possibilità di vivere una vita in pace con se stessi.

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Al massimo, possiamo accontentarci di fare un tratto di strada insieme ma poi, però, tutti quanti - nessuno escluso - dobbiamo separarci, una volta che ognuno avrà trovato la propria di strada.

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Fateci caso, quando si è troppo tristi, o si finisce con il riderne di gusto oppure si fa la fine del cantante degli INXS, e cioè: ci s'impicca in qualche lurido motel di un altrettanto lurida metropoli moderna. L'alienazione, ovvero l'estraniazione nei confronti di questa società mercificata e meccanizzata, è la causa principale di queste morti auto-procurate.

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I miei parti migliori li ho sempre avuti seduto sulla tazza del cesso. D’altronde come mi ha detto una volta un mio amico: “La tazza del cesso è l’alcova del pensiero”. Mai parole furono più sacrosante!

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Per un animatore i villaggi turistici sono un vero toccasana. Lì è tutto più facile con le ragazze, sono quasi sempre loro a venirti in cerca e per com’è fatta la maggior parte dei ragazzi – a cui non va tanto di penare con le ragazze – è davvero il massimo che si può chiedere dalla vita. Tanto si sa, non ci son santi che tengano per queste cose, si può pure avere l’animo di un monaco tibetano ma quando "ti tira" c’è ben poco da fare.

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Il morto di fica è uguale all’asino d’oro della favola di Apuleio, che va con chi gli capita pur di poter fornicare. Esso simboleggia il piccolo uomo, meschino e abietto, che si accontenta di tutto pur di scopacchiare, invece che di scopare come si deve.

5.10.06

Allucinazioni psichedeliche - Prima parte

di Marco Apolloni

La felicità è un stato d’animo contagioso, che t’invade letteralmente lo spirito e per questo: proprio perché si è felici, si è pure contagiosi. C’è differenza, però, tra felicità e beatitudine: chi è felice rimane comunque schiavo dei bisogni, mentre chi è beato non sente nemmeno la necessità di soddisfare tali bisogni.

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L’arte è incertezza, o meglio: è il regno dell’indefinibile vaghezza.

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Autocoscienza vuol dire "consapevolezza di sé".

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Il peccato è il più delizioso dei rimorsi.

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Poche lezioni e molte folgorazioni, questi sono a mio parere i migliori ingredienti per costruirsi una solida cultura, a basso costo e, soprattutto, a basso dispendio energetico.

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È proprio vero che quando muori la gente ti fa dire quel che gli pare. Guardate quel poveretto del Papa polacco per esempio: una volta morto, manco hanno fatto in tempo a seppellirlo che già parlavano di lui come di quello che ha buttato giù il muro di Berlino, con tanto di piccozza in mano ed elmetto da muratore in testa! Mi sa che non ci conviene poi mica tanto morire, voi che ne dite? Se solo potessi, io ne farei volentieri a meno. Eppure si deve morire ogni tanto.

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Se è vero che quando due persone si amano diventano una cosa sola, allora figuriamoci cosa diventerebbe il mondo se tutti quanti ci amassimo indistintamente.

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Verità e menzogna sono i due rovesci della stessa medaglia. Ecco perché non c’è verità che non sia allo stesso tempo menzognera.

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L’Idiota di Dostoevskij sembra la mia autobiografia...

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Io farei anche la comunione. Il fatto è che sono diventato vegetariano e per questo non posso più mangiare ogni benedetta domenica il corpo di Cristo. Poi oltretutto, se ci tenete a saperlo, ‘sta storiella è pure un controsenso, dato che Cristo è l’Intelletto di Dio sceso con il battesimo su nostro signore Gesù, mediante una colomba - almeno secondo le mie reminescenze di devoto catecumeno. Quindi, che corpo e corpo di Cristo! Questa è una delle solite scuse dei preti per farsi uno spuntino ad un certo punto della messa e bersi un goccio di vinello, ve lo dico io.

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Si può fare all’amore in tutti i modi e secondando tutti i gusti, purché lo si faccia però. E ricordatevi, gente, che: “Chi non scopa, va all’inferno!”.

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Ho avuto un’intuizione: la verità è proprio un’autentica “figata”, nel vero senso della parola. L’unico che ha capito tutto è stato quel pittore, com’è che si chiama, Courbet, se non erro. Questi ha magnificamente dipinto a modo suo L’origine del mondo (in una vulva di donna, per essere esatti).

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Quando devo preparare un esame sono solito barricarmi giorno e notte dentro casa per studiare. La maggior parte del tempo non studio, ma do semplicemente libero sfogo alla mia irrefrenabile creatività. La mia casa, insomma, si trasforma in un autentico quartier generale, manco fossi Winston Churchill e stessi pianificando l’Operazione Dinamo, segregato in un bunker scavato dentro le White Cliffs. Infatti lo scenario è a dir poco desolante, vi si può trovare di tutto e quando dico di “tutto” intendo dire “proprio di tutto”: fogli scribacchiati, penne mangiucchiate, matite senza punta, quaderni sbudellati, libri con chiazze sporadiche di caffè, ritagli di giornale, evidenziatori - che hanno smesso da un bel pezzo di evidenziare - e quant’altro possa servire a mente umana per partorire idee di ogni sorta, non tutte necessariamente bacate si spera. Il bordello che regna nella stanza ti fa sembrare di stare in una di quelle "case di tolleranza" che c'erano una volta. Comunque da buon nipotino di Nietzsche, non posso che dirmi amante anch'io di quel Caos primordiale, che è inestimabile fonte d’ispirazione per chi vuol generare le proprie stelle danzanti.

4.10.06

Battute folgoranti

di Marco Apolloni

Reputo quello inglese un popolo cordialmente antipatico.

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A Roma ci sono più mignotte che cartelli stradali.

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Torino, ovvero: la città italiana con la più bassa percentuale di torinesi.

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L’amore rende gli uomini migliori, la volontà di amare li rende straordinari!

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Essere felici significa non curarsi dei pregiudizi.

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Perle di saggezza di un mio amico ‘oscano. “Tu che hai rubato il cuore del mio amico, ti prego di ridarglielo al più presto oppure se tu vuoi potremmo divorarcelo insieme in un solo boccone. Cosa vuoi che sia una sana trombatina all’insegna dell'amicizia? Per un amico, si sa, si farebbe questo e altro. Ci si farebbe persino la su’ sorella e la su’ mamma, se fossero abbastanze bone...”.
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Bisogna rimanere aggrappati alla criniera del leone, se non si vuole che lo stesso ci faccia la pelle.
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A me piacciono tutte e quattro le stagioni, non a caso amo l'omonima "pizza quattro stagioni". Ogni stagione per me corrisponde a quattro diversi stati d’animo: Inverno – Attesa, Primavera – Speranza, Estate – Entusiasmo, Autunno – Malinconia.
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Siamo giovani e questo vuol dire che abbiamo il mondo nelle nostre tasche: dobbiamo solo stare attenti a non svuotarle troppo in fretta.

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Come disse un mio amico sciupafemmine: “Le donne sono sempre state la mia rovina: o troppe o troppo poche, mai una via di mezzo”.

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Il Paradiso: chi ce l’ha, ce l'ha dentro di sè.

3.10.06

Filosofia di un eretico

di Marco Apolloni


La filosofia è la più grandiosa eresia...
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Ciascuno non può fare a meno di giudicare, poiché il giudizio è parte integrante di noi. Perciò principalmente viviamo per giudicare quel che vediamo coi nostri occhi, gli altri e soprattutto noi stessi. Non a caso la Bibbia, ch’è il Libro dei libri, rimanda le sorti dell’umanità al Giudizio Universale.

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Ci pensate, una setta massonica come quella cristiana riuscì a minare nelle fondamenta per poi far affondare addirittura una colossale Atlantide imperiale, come la Roma dei Cesari, arrivando persino a volgarizzarla nella forma come anche pure nella sostanza; fino ad ottenere la degradata Roma dei Papi, roba da non crederci. Come disse Dostoevskij, il Papato romano altro non è che la continuazione dell’Impero romano d’Occidente.

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Volete sapere qual è la mia opinione sulla filosofia? Ognuno può ricavarne quel che gli pare e piace. Proprio in ciò costituisce il suo bello, se non altro non ha la presunzione di spacciare per vere certe menzogne, come invece fa la religione.

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Il puro spirito è mera finzione. Non c’è niente di puro nello spirito, semmai solo l’impurità di chi lo afferma. E non ci sono creature più pure delle meretrici, che quanto meno fanno del bene. Del resto gente come Gesù di Nazareth o Simone di Samaria ci avevano visto giusto, duemila anni fa, con le loro rispettive Maria di Magdala ed Elena di Tiro.

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Chi sarà mai poi questo Dio o Zio, io proprio non lo so né mi ci arrovello il cardine per sforzarmi di conoscerlo. Poiché se è vero come raccontano alcuni che Egli è puro Nous – dal greco Intelletto – come si fa, dico io, a conoscere ciò di cui è fatta la conoscenza stessa? Semmai la sua essenza potrebbe venire colta solto mediante la nostra facoltà intuitiva. Ma l’intuizione si sa, non è dote naturale di tutti: c’è chi ce l’ha e chi no. Aveva ragione Heidegger ad affermare che chi, meglio dei poeti, può fare da tramite con il Divino!? Ci basti sapere che lassù c’è un Occhio Vivente che ci osserva, per dirlo con il mio amico Gian Giacomo Rousseau. Probabilmente Dio, ammesso che esista, come unica occupazione ha quella di osservarci e fulminarci con il suo sguardo penetrante in caso combinassimo qualche pasticcio dei nostri oppure di strizzarci l’occhio quando ne combiniamo una giusta. In ogni caso andatevi ad ascoltare la bellissima canzone Eye in the sky degli Alan Parson Project. Potreste avere una vera e propria folgorazione in proposito! Nessuno può conoscere Dio, sostengono gli gnostici, già un po’ come chi vorrebbe conoscere il Tempo, che non fa manco in tempo – perdonate il gioco di parole – a nominarlo che subito gli sgattaiola via.
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Se la Metafisica è morta insieme a Dio, allora si può sapere che diamine ci stanno a fare i filosofi? Ve lo dico io: grazie ad essi la gente s’interroga ancora sulla propria infausta condizione umana, invece che preoccuparsi unicamente a viverla. Se casomai divenissi un filosofo, mi son sempre detto, per prima cosa vorrei abrogare qualsivoglia filosofia assoluta. Per ognuno, infatti, esiste una sola filosofia: la propria! Rifacciamoci indietro, il primo filosofo occidentale Socrate – ammesso non sia solo il frutto della fertile vena letteraria platonica, come affermano alcuni – d’altronde è stato molto chiaro in questo, ossia bisogna fare della propria vita la propria filosofia. Dunque occorre vivere e filosofare insieme, alla maniera greca. In definitiva: la filosofia non è che il ripensamento della vita stessa. Infatti si fa della filosofia per rivivere la propria vita in misura tale da renderla un’esperienza davvero unica e impareggiabile.

2.10.06

Fumo, dunque sono (pericoloso!)

Come il tabacco può creare dipendenza
di Marco Apolloni

Con questo titolo, riprendendo il celebre adagio cartesiano cogito ergo sum, si cerca di fare della sana ironia su un'autentica piaga sociale quale il fumo, che è il primo “fattore killer” di questa controversa epoca. L'ipotesi qui sostenuta è decisamente contraria sia ad un eccessivo permissivismo sia ad un bacato proibizionismo su questa delicata materia di discussione, ed è bensì molto più drastica. Nessun politicante finora si è mai espresso in termini, spietati e unilaterali, su una droga molto più pericolosa delle cosiddette "canne", solo perché sono in molti a farne uso e per questo viene ultra-tollerata.
Intendiamo le sigarette, ovviamente. La proposta che viene qui discussa è molto semplice: ghettizzare i fumatori. Tanto da considerarli, senza mezzi termini, per quel che sono veramente, e cioè: dei “dipendenti del tabacco”.
Oltretutto forse non tutti sanno che questa “droga” miete un numero di vittime infinitamente maggiore di qualunque altra sostanza stupefacente. E a fronte di ciò occorrerebbe prendere misure ancor più restrittive al riguardo. In sostanza, non basta vietare di fumare nei luoghi pubblici: bisogna vietare proprio di fumare, o meglio chi vorrà fumare d'ora in avanti dovrà farlo “di nascosto”.
Naturalmente questa vuole essere solo una provocazione: è un po' come voler istituire la marxiana “società perfetta” che auspicherebbe un'ipotetica società senza il becco di un crimine. Tuttavia, fermo restando che si tratta di un'utopia, quanto meno essa dovrebbe far riflettere sulle innumerevoli contraddizioni interne a questo tipo di società dove: “chi si fa le canne” o “si buca” al parco viene abbandonato al suo triste e solitario destino, mentre chi fuma nocendo a sé e agli altri viene tollerato come se nulla fosse e, per di più, con una leggerezza inaudita. Certo… Di fumatori ce ne sono tanti in giro, anche nella cerchia ristretta delle “logge massoniche” al potere. Ed è appunto grazie a queste amicizie altolocate se alle sigarette viene ancora permesso di mandare letteralmente “in fumo” le vite di milioni di persone. Inoltre, proprio in virtù di questo, l'elementare equazione matematica: “fumo = dipendenza” verrà continuamente creduta come una favola deviante, messa in circolo dai soliti terroristi-salutisti…
Il nichilismo auto-distruttivo della “contro-cultura rock & roll” ha indotto mandrie di giovani a riconoscersi in eroi negativi alla James Dean oppure alla Jim Morrison – solo per citarne alcuni –, famosi non tanto per essere stati rispettivamente un attore o un cantante, bensì per il loro maledettismo di tendenza il cui ideale di vita era appunto: “prima si muore e prima si diventa immortali” – tale in soldoni si può riassumere il loro misero pensiero. Certo, si potrebbe obiettare, che è una “figata” – finché la gioventù ti sorride – fare tutti gli stravizi che si desiderano. Peccato, però, che ci si accorga quasi sempre troppo tardi degli abbagli, presi quando si era troppo giovani per capire le cose più ovvie che c'insegna la vita. Una volta che si è diventati a tutti gli effetti “adulti”, infatti, si porterà sulla propria pelle e fino alla tomba il segno dei propri inconfutabili sbagli: dovendo imparare a convivere – e che triste convivenza dev'essere mai questa – con dei polmoni marci e un sibilo che ti accompagna per il resto dei tuoi giorni.
A questo punto del discorso, si potrebbe immaginare che persino il più incallito dei fumatori cambi all'improvviso rotta, ripassando sopra con il pennello ai propri errori di gioventù. Difatti, difficilmente si accetta di mandare la propria vita “in fumo”.
Una volta rinsaviti, però, può accadere qualcosa di peggio: vedere che a un certo punto dell’esistenza, il proprio figlio crescendo viene tentato dagli stessi precedenti errori paterni. Allora come rispondere in questo caso all'esigenza dei propri figli di sentirsi più grandi della loro età, fumando sigarette e sentendosi i “bulli” del quartiere? Ovvio, siccome la contraddizione è insita nell'animo umano, gli ex-genitori fumatori e reo-pentiti si oppongono alle “smanie anticonformiste” dei loro figli. Anche se basterebbe guardarsi intorno per vedere come il fumo non sia neanche più lontanamente un atto anticonformista, semmai sia oramai diventato la manifestazione stessa del conformista Zeitgeist – altrimenti detto: Spirito dei tempi! Tempi, oltretutto, perlopiù poveri d'ideali. Almeno, in passato, c'era gente come l'inimitabile Bob Marley, avente perlomeno il coraggio di morire per le proprie canne, elevando il fumo a propria religione di vita (definita “rastafari”); e poco importa se essa, come tutte le religioni d'altronde, continui tuttora a nuocere gravemente alla salute dei suoi adepti…
Recentemente, nel bel mezzo di un concerto degli Stones tenutosi allo stadio Meazza di Milano, il chitarrista – compiendo un abile raggiro nonché astuta mossa commerciale – ha impreziosito un suo strepitoso assolo mettendosi a fumare davanti a migliaia di suoi fans in visibilio, i quali parevano proprio non aspettarsi altro, essendosi fatti un'idea ben precisa del loro idolo – considerato appunto il classico “eroe maledetto”, anche se più maledetto che eroe a dire il vero. Costoro magari non avranno calcolato quanto denaro sarà fruttato a quel “dinosauro” sul palco, nell'arrogante veste di “testimonial tabagista”!?
Immaginate quale può essere l'insegnamento trasmesso a quei ragazzi con la bava alla bocca, pronti ad emulare in tutto quel loro beniamino: “opportunista” come non mai! Si può presumere esso sia stato: “fumare è fico” oppure “chi non fuma un francese è” – vista la recente sbornia mondiale della nostra nazionale di calcio – e chi più ne ha, più ne metta.
E come Keith Richards, una sfilza di altri profeti-imbonitori con in mano una chitarra, dispensano a destra e a manca queste “preziose” perle di saggezza, che come unico risultato ti portano più in fretta all'obitorio. Magari personaggi come Richards, nel corso di spettacolari interviste-rivelazione riguardanti la loro originale filosofia di vita, si dichiarano favorevoli a una certa anti-cultura che si dice contro i soprusi delle multinazionali, pur essendo ipocritamente loro stessi i primi alleati delle medesime, visto che esse fruttano loro introiti notevoli.
In definitiva, non resta che augurarsi, che ognuno impari a ragionare con la propria testa, in modo tale da capire da solo che se: “Fumo, dunque sono (pericoloso!)”...

1.10.06

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La risposta è molto semplice: “perché no?” Conosciamo un aneddoto riferito al migliore, secondo noi, Presidente che gli Stati Uniti abbiano mai avuto, vale a dire John Kennedy, il quale pare che per rispondere ad una domanda si servì di una contro-domanda, stupendo cosicché un po’ tutti e chiarendo che per lui il punto non era tanto nel "perché uno fa quel che fa", ma quanto nel "perché non dovrebbe farlo". Non so voi, ma noi troviamo una simile risposta assolutamente inequivocabile, di quelle che non lasciano spazio alcuno alle repliche. Forse un altro tipo di risposta altrettanto efficace sarebbe potuta essere: “Il fatto che molti stiano zitti, non vuol mica dire che anche noi dovremmo comportarci altrettanto…”. Comunque sta di fatto che tra il fare e il non-fare le cose, noi abbiamo preferito la prima possibilità. La nostra imprescindibile volontà sta appunto nel aver voluto infrangere lo status quo che ci teneva imprigionati nella sua stritolante morsa e che ci rendeva delle bestie-benpensanti del tutto inattive.
Proprio questa sensazione di disfatta predominante in molti di noi-membri delle nuove generazioni, ci ha fornito un’indubbia motivazione in più per dar fondo al nostro pur limitato bagaglio culturale e attingere al serbatoio inesauribile dei nostri pensieri “palpitanti”, così come lo sono anche le nostre viscere. Poi se vogliamo aggiungere anche l’inesauribile sete di conoscenza che ci contraddistingue, uno ad uno, ecco qua che il passo successivo è stato pressoché inevitabile da parte nostra: ovvero dare alla luce questo ambizioso Blog.
Il nome NoIperborei è un velato omaggio al filosofo le cui parole ci hanno più ispirato a spingerci ben oltre il confine di demarcazione dell’orizzonte, smascherando le insulse balordaggini di questo trip allucinatorio che è la nostra Vita… Perciò, ecco qua che vorremo lasciarvi la testimonianza diretta delle parole di questo imprescindibile “maestro del sospetto”, nonché immortale autore dell’opera forse più fraintesa che sia mai stata scritta, L’Anticristo, che è e resterà eternamente un omaggio insuperato alla più “bella anima” che abbia mai calpestato la superficie del nostro “usurpato” Globo terracqueo. Vi riportiamo qui di seguito un intero paragrafo di questa opera alquanto contraddittoria, con la speranza-ultima-a-morire che ne facciate un buon uso…

I

Guardiamoci in faccia: siamo iperborei. Siamo ben consapevoli della diversità della nostra esistenza. “Né per terra né per mare troverai la strada che conduce agli iperborei”: già Pindaro riconosceva questo di noi. Oltre il nord, oltre il ghiaccio e la morte: la nostra vita, la nostra felicità… Abbiamo scoperto la felicità, conosciamo la via, abbiamo trovato l’uscita per interi millenni di labirinto. Chi altri l’ha trovata? Forse l’uomo moderno? “Non so che fare; sono tutto ciò che non sa che fare”, sospira l’uomo moderno… E’ di questa modernità che c’eravamo ammalati, della putrida quiete, del vile compromesso, di tutta la virtuosa sporcizia del moderno sì e no. Una simile tolleranza e langeur di cuore, che “perdona” tutto perché “comprende” tutto, è scirocco per noi. Meglio vivere in mezzo ai ghiacci che tra le virtù moderne e gli altri venti del sud!… Eravamo abbastanza coraggiosi, non risparmiavamo né noi stessi né gli altri: eppure per lungo tempo non abbiamo saputo in che cosa impegnare il nostro coraggio. Eravamo diventati tristi e ci chiamavano fatalisti. La nostra fatalità era la pienezza, la tensione, il ristagno delle nostre forze. Eravamo assetati di lampi e di azioni. Soprattutto ci tenevamo il più possibile lontani dalla felicità dei deboli, dalla “rassegnazione”… Ci fu una tempesta nella nostra atmosfera, la natura che noi siamo s’oscurò, perché non avevamo una via. La formula della nostra felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta… (*)



Con molta probabilità un popolo iperboreo è verosimilmente esistito. Il brano qui di seguito trasposto è quanto di più sintetico abbiamo trovato per avvalorare una tale “fantasiosa” ipotesi…

DENEN: Danen, Danuna, Danai (gli stessi Sher-Dan), probabilmente si unirono agli Ebrei nell’Esodo, formando o aggiungendosi alla tribù di Dan, dalla quale si staccarono per andare a “vivere sulle navi” una volta arrivati in Palestina e scomparendo poi misteriosamente. Ma è probabile che salpassero per la Sardegna per poi colonizzare le terre del Nord-Europa, da dove ripartivano coi loro alleati per imprese di conquista e di pirateria. Forse i fantastici Iperborei spesso nominati dai Greci altri non erano che i Danen abitatori delle Isole del Settentrione. Ricordiamo che i primi colonizzatori dell’Irlanda furono, secondo la mitologia, i Tuatha de Danan e che la Grande Madre di tutti gli Dei era in Irlanda Danu e in Inghilterra Dona. (*)