11.6.07

Situazione energetica. Il petrolio

di Marco Apolloni

È risaputo che più che unire l'energia divide... Il petrolio è una risorsa limitata e questo vuol dire che presto o tardi finirà. Perciò occorre escogitare al più presto dei rimedi affinché i giacimenti petroliferi non si esauriscano troppo presto e nel frattempo impegnarsi concretamente nel pensare a risorse energetiche alternative. La crisi in cui versa attualmente il mercato petrolifero è nota come fenomeno di PEAK OIL, ovvero: mentre non ci si era accorti della curva ascendente che ci ha portati ad uno sfruttamento scriteriato del petrolio, ora ci stiamo accorgendo eccome della sua improvvisa parabola discendente. Pensare che da un giacimento finora si è solo riusciti a ricavare sì e no un 1/3 dell'effettivo disponibile, questo dovrebbe farci mettere come minimo le mani fra i capelli. Per questo andrebbero sviluppate maggiormente le TR (tecniche di recupero). La situazione è abbastanza disperata se si pensa che, pur essendoci delle TR piuttosto evolute, tutto quello che si sta scoprendo oggi è davvero risibile se confrontato con quello che si è precedentemente scoperto! Come se già tutto ciò non bastasse: il dislivello tra domanda e offerta cresce di giorno in giorno. E gli scenari futuri non sono per niente rosei considerando che già adesso, figuriamoci fra qualche anno, hanno fatto la loro prepotente irruzione nel mercato petrolifero – causando pertanto un esponenziale aumento della domanda – paesi-continente come Cina e India – Cindia per riprendere una felice espressione riportata sulla rivista italiana di geopolitica Limes, che sta per “limite, confine geografico”. Pensate che nel mondo oggi si consumano mediamente circa 86 ml. di barili di benzina al giorno. Il Medioriente rimane – si dica quel che si dica – il più grande conglomerato di bacini petroliferi – dicesi bacino petrolifero il conglomerato di più giacimenti petroliferi – esistente al mondo, oltre ad essere il miglior sito da cui estrarre “risorse certe” – ossia accertabili, quantificabili.
L'Iraq – analizzato dal punto di vista delle risorse petrolifere – presenta dei considerevoli vantaggi: ha costi estrattivi bassissimi e la qualità del petrolio è buona! Quindi del tutto comprensibile appare lo sforzo bellico compiuto in Iraq dagli americani – se lo andiamo ad analizzare in termini di reali benefici economici. A quest'aspetto va inoltre sommato che gli americani prediligono il petrolio cosiddetto “Bassora light” – dal nome della provincia irachena di Bassora –, visto che sono i primi consumatori al mondo di benzina e diesel. Dunque la guerra irachena – almeno in linea teorica – per gli americani si presenta sia come una guerra petrolifera che – ce lo insegna la geopolitica – anche come una guerra strategica. I rinforzi appena mandati in Iraq dal governo americano rientrano perfettamente nelle prerogative di questa guerra, ossia di difendere ancor meglio e – perché no – di sfruttare a sufficienza le risorse naturali presenti in loco. Per l'attuale governo iracheno, a maggioranza sciita, si prefigurano così accordi di “production-sharing” decisamente penalizzanti, ove verrà dato mandato alle companies americane di pianificare le risorse e, per di più, esse avranno la possibilità di usufruire per un periodo almeno di trent'anni delle stesse, dando così le briciole al governo iracheno a cui verrà pagato un piccolo dazio perlopiù irrisorio.
Il futuro del petrolio sembra presto detto, e cioè non si allontanerà troppo dall'OPEC (ovvero l'organizzazione dei paesi produttori di greggio del Golfo Persico). La situazione dell'Italia è tanto più allarmante, poiché essa continua a non avere un piano energetico nazionale dal 1975. Situazione ben diversa per l'ENI, che perdura a rimanere la sesta compagnia mondiale del settore. Pur tuttavia le sue fortune non rappresentano le fortune del nostro paese, poiché essa non approvvigiona – se non in minima parte – l'Italia. In pratica l'ENI non fa che pompare energia per poi rivenderla a prezzi di mercato al primo acquirente resosi disponibile. Le sue mire strategiche obbediscono, cioè, all'implacabile legge del mercato – da cui non si scappa e per cui seduce poco l'esca patriottica. Esistono due tipi di mercato: “mercato spot” dove si paga in contanti e si specula sui prezzi, oppure “mercato a termine” dove invece si paga non in contanti e in maniera dilazionata. Le preoccupazioni del mercato dopo l'9/11 restano moltissime: ogni scusa è buona per aumentare il prezzo! Le considerazioni che si possono trarre da questa situazione estremamente delicata è la seguente: il mercato non può più considerarsi capitalistico, ma piuttosto volatile e pure – in un certo senso – psicolabile. Difatti parrebbero essere le psicosi – vale a dire le debolezze psicologiche della gente – a dirigere la fantomatica “mano invisibile” del mercato, sempre più imprevedibile...

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