19.6.06

Perchè nelle coppie si litiga

di Corrado Campa

Perché uomini e donne spesso non si capiscono quando parlano?
Quante volte nelle coppie si parte da un’innocuo scambio di battute e si finisce per litigare? Perché tanti uomini, mentre la donna sta parlando, prima o poi si ritrovano a pensare sconcertati: “Ma che vuole da me?!?”? E perché tante donne, nelle stesse condizioni, ascoltano ma hanno come la sensazione di non sentirsi comprese, si sentono frustrate e provano un senso d’isolamento?
Il motivo per cui nelle coppie ci sono tanti problemi é che non ci si capisce a vicenda. Ad esempio, una delle ragioni per le quali le donne non si sentono capite dagli uomini é che quando parlano il più delle volte hanno soprattutto l'esigenza di sfogarsi, di trasmettere il proprio stato d'animo, di essere ascoltate ed aiutate a esprimere quello che pensano e sentono.
Molti uomini in genere non capiscono che le donne quando parlano hanno bisogno di queste forme d'appoggio e pensano che chiedano il loro aiuto perché vogliono prima di tutto trovare una soluzione a un loro problema -altrimenti, secondo l'ottica maschile, non avrebbero bisogno di sfogarsi- e, quando é il loro turno nel dialogo, rispondono proponendo direttamente un rimedio, oppure spiegando dove secondo loro la donna avrebbe sbagliato, offrendo suggerimenti, consigli, critiche e presentando un piano d’azione. A questo punto di solito la donna si innervosisce o si scoraggia, perché il fatto che l'uomo le faccia una “lezione”, sottolinei i suoi errori e proponga la soluzione interrompe il flusso delle emozioni che vorrebbe ancora esprimere, quindi rinuncia ad aprirsi, o tenta di riportare il discorso sulle sue coordinate, oppure ancora diventa aggressiva e comincia a provocare. L'uomo a sua volta si sente inadeguato e non capito perché ai suoi occhi il quadro che ha fatto con la soluzione che ha proposto é quanto di più prezioso aveva da offrire e crede che la donna in realtà non apprezzi i suoi sforzi: in questo modo si crea o si alimenta un circolo vizioso di equivoci e fraintendimenti.
Tutto questo accade perché esiste una differenza biologica fra uomini e donne, cioé una differenza nel modo in cui funzionano il cervello maschile e quello femminile: nel gruppo primitivo gli uomini uscivano dalla caverna perché dovevano provvedere alla sopravvivenza e difesa delle famiglie, e nel corso dell’evoluzione hanno imparato ad affrontare le emozioni forti come la paura, l’angoscia e la rabbia risolvendo problemi; le donne che rimanevano nella comunità erano molto più vulnerabili -in special modo quelle che dovevano allevare i figli- perché, se il loro uomo fosse morto, sarebbero finite per dipendere dalla famiglia e dal gruppo, quindi parlare in modo non finalizzato agli scopi, dare e ricevere comprensione era per loro indispensabile a provare un senso di sicurezza e appartenenza ed a costruire rapporti molto solidi con coloro che le circondavano.
Questo ci spiega perché le bambine scelgono giochi in cui si ritrovano in piccoli gruppi dove vivono un senso d’intimità molto forte: ciascuna si impegna attraverso il dialogo a massimizzare la cooperazione e ridurre al minimo ostilità e aggressività.
I giochi dei maschi invece privilegiano azione e movimento: i gruppi sono più
numerosi ed enfatizzano la competizione.
E’ molto interessante osservare cosa accade quando i giochi si interrompono perché qualcuno si fa male. Quando qualcuno si infortuna in un gruppo di maschi, gli altri si aspettano che si ritiri dall’azione e dalla partita perché il gioco possa proseguire; se lo stesso accade in un gruppo di bambine il gioco si ferma e tutte si raccolgono attorno all’amica per aiutarla.
Questo ci fa capire che le bambine, e più tardi le donne, “si interpretano come elementi di una rete di connessioni”, non a caso l’evento da cui si sentono più minacciate é proprio una rottura nelle loro relazioni con gli altri; i bambini invece prendono a modello l’eroe solitario -o al massimo con qualche amico- che combatte il nemico con coraggio, risolve i problemi a vantaggio di tutti e non tradisce le emozioni: di conseguenza tendono ad avere molta più paura di possibilità diverse che possano comprometterne libertà e autonomia.
La stessa differenza biologica fa sì che le bambine nella prima infanzia abbiano l'impulso a parlare, a volte anche senza pensare, i bambini ad agire, anche nel loro caso a volte senza pensare. Ricordo di aver letto di un esperimento dove i bambini piccoli venivano messi a giocare separati dalla madre da un vetro: si studiava la loro modalità di attirare l’attenzione quando interrompevano il gioco. Il risultato fu che le femmine cercavano di parlare o di chiamare la madre, oppure di incrociare il suo sguardo attraverso il vetro; i maschi invece camminavano o correvano per andarle direttamente incontro, si affidavano insomma al movimento.
Questa diversità porta gli adulti dei due sessi ad una sostanziale differenza nel modo di affrontare le emozioni: le donne quando sono arrabbiate o angosciate sentono il bisogno di comunicare con qualcuno disposto ad ascoltarle, mentre gli uomini nelle stesse condizioni provano l’istinto di movimento (anche solo di camminare avanti e indietro nella stanza) per trovare la soluzione, passare all'azione e risolvere il problema.
In conclusione, uomini e donne non si capiscono quando parlano perché vogliono e si aspettano cose molto diverse da una conversazione: i primi sono contenti se possono parlare di fatti, le seconde di sentimenti, stati d’animo ed emozioni.
Dunque, quando la donna dice: "Ho mal di testa", l'uomo sbaglia se risponde: "Prendi un'aspirina, cara", perché la donna in realtà ha bisogno di parlare di quanto gli fa male la testa, di come si sta male con il mal di testa, di com'é andata la giornata e di quanto é antipatica la commessa del negozio sotto casa.
Nel prossimo articolo proporrò un metodo di ascolto infallibile per fare sentire le persone capite nei loro sentimenti: quanto più si riesce ad aiutare gli altri ad aprirsi e parlare di sé tanto più si diventa persone ricercate, piene di fascino e vincenti nei rapporti con gli altri.

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