di Silvia Del Beccaro
Immigrati e religioni… Più cerco di pensare in maniera distinta a questi due termini e più la mia mente, inequivocabilmente, mi porta ad associarli. Purtroppo la successione di eventi terroristici, l’avvento della jihad e la paura di una nuova crociata hanno portato la società odierna a pensare che “immigrazione” coincida con “terrorismo religioso”. È giunto il momento di sfatare questo spauracchio. Basta con i qualunquismi! Molti cattolici, temendo una prossima rivoluzione religiosa, provano paura al solo vedere un musulmano, credendolo inevitabilmente un potenziale suicida: o per meglio dire, un terrorista.
Ma avreste paura se vi trovaste di fronte uno Zinedine Zidane? Lui, lo spot della riconciliazione, il figlio di immigrati della Cabilia, la faccia della Francia multirazziale, il campione del mondo e d’Europa… Lui, musulmano non praticante che sulle strade di Marsiglia chiamavano Yazid. Per il sesso opposto dicasi lo stesso per Afef Jnifen. Come può mettere paura un’ex modella tunisina della sua portata? Eppure Afef è un’opinionista musulmana. Cittadina straniera di origine islamica, vive da tempo in Italia ma da altrettanti anni lotta per avvicinare il mondo politico a quello islamico. Come lei, sono molte le giovani donne musulmane emigrate in paesi come l’Italia, la Germania, la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti per avere la possibilità di studiare, di lavorare e di poter vivere senza paura ma soprattutto… senza veli. Nei paesi del Medio Oriente questa occasione non capita a tutte le ragazze: solo alcune possono farlo ringraziando i genitori che, invece di programmare per loro un matrimonio di convenienza, decidono di offrire alle figlie tutte le opportunità per realizzarsi nella vita futura. Avreste dunque mai timore di simili ragazze? Potreste mai immaginarle nei panni di potenziali terroriste? Certo che no. E questa purtroppo è la mentalità che, oggi, condiziona i nostri pensieri. Anche se si tratta di una mentalità inesatta.
Dunque, siamo arrivati alla conclusione che non tutti i musulmani sono dei killer pronti a dare la vita per una causa (giusta o sbagliata che sia, a seconda dei punti di vista). Ma è altrettanto chiaro che non tutti gli immigrati sono musulmani/terroristi religiosi. In particolare, limiterò questo discorso agli arabi per due motivi. In primo luogo, se indicassi tutte le popolazioni immigrate esistenti rischierei di divagare troppo e renderei il discorso alquanto banale. Inoltre, il mondo arabo oggi è costituito da una popolazione al centro dell’attenzione mondiale, visti i recenti fatti di cronaca. In questo editoriale non intendo assolutamente fare dei paternalismi, sto solo cercando di far capire quanto sia necessario opporsi a chi generalizza e confonde la fede con il fanatismo per diffondere l’odio e la paura. Non bisogna dimenticare che gli arabi non sono tutti musulmani. È vero che esistono terroristi islamici, ma c’è anche una maggioranza araba che ne è vittima come tutti noi.
Qui si dimentica troppo spesso che ci sono anche arabi cristiani e arabi ebrei. In Terra Santa, ad esempio, cristiani e musulmani vivono insieme da pressoché 1400 anni, perché vige un principio fondamentale che anima le relazioni tra i due gruppi: gli arabi, siano essi cristiani o musulmani, appartengono ad un unico popolo che ha in comune una lunga storia, una lingua, una cultura e una società. È questa la mentalità giusta da adottare se si vogliono ricreare dei rapporti ormai perduti. A questo proposito, da tempo la Chiesa di Gerusalemme cerca un dialogo e una collaborazione con i “fratelli e sorelle” musulmani, anche se conosce le difficoltà che un simile progetto può incontrare. Nonostante le relazioni tra cristiani e musulmani siano generalmente buone, infatti, in Terra Santa ogni giorno si affronta una sfida diversa. Tra queste la reciproca ignoranza e un’autorità carente che produce insicurezza, discriminazione e tendenza all’islamizzazione da parte di certi movimenti politici. Questi ultimi, infatti, mettono in pericolo non solo i cristiani ma anche i molti musulmani che desiderano una società aperta. Probabilmente questo dilemma, che affligge la società da secoli, non verrà mai risolto, ma se non altro rifletterci sopra è già un buon inizio.
Ma avreste paura se vi trovaste di fronte uno Zinedine Zidane? Lui, lo spot della riconciliazione, il figlio di immigrati della Cabilia, la faccia della Francia multirazziale, il campione del mondo e d’Europa… Lui, musulmano non praticante che sulle strade di Marsiglia chiamavano Yazid. Per il sesso opposto dicasi lo stesso per Afef Jnifen. Come può mettere paura un’ex modella tunisina della sua portata? Eppure Afef è un’opinionista musulmana. Cittadina straniera di origine islamica, vive da tempo in Italia ma da altrettanti anni lotta per avvicinare il mondo politico a quello islamico. Come lei, sono molte le giovani donne musulmane emigrate in paesi come l’Italia, la Germania, la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti per avere la possibilità di studiare, di lavorare e di poter vivere senza paura ma soprattutto… senza veli. Nei paesi del Medio Oriente questa occasione non capita a tutte le ragazze: solo alcune possono farlo ringraziando i genitori che, invece di programmare per loro un matrimonio di convenienza, decidono di offrire alle figlie tutte le opportunità per realizzarsi nella vita futura. Avreste dunque mai timore di simili ragazze? Potreste mai immaginarle nei panni di potenziali terroriste? Certo che no. E questa purtroppo è la mentalità che, oggi, condiziona i nostri pensieri. Anche se si tratta di una mentalità inesatta.
Dunque, siamo arrivati alla conclusione che non tutti i musulmani sono dei killer pronti a dare la vita per una causa (giusta o sbagliata che sia, a seconda dei punti di vista). Ma è altrettanto chiaro che non tutti gli immigrati sono musulmani/terroristi religiosi. In particolare, limiterò questo discorso agli arabi per due motivi. In primo luogo, se indicassi tutte le popolazioni immigrate esistenti rischierei di divagare troppo e renderei il discorso alquanto banale. Inoltre, il mondo arabo oggi è costituito da una popolazione al centro dell’attenzione mondiale, visti i recenti fatti di cronaca. In questo editoriale non intendo assolutamente fare dei paternalismi, sto solo cercando di far capire quanto sia necessario opporsi a chi generalizza e confonde la fede con il fanatismo per diffondere l’odio e la paura. Non bisogna dimenticare che gli arabi non sono tutti musulmani. È vero che esistono terroristi islamici, ma c’è anche una maggioranza araba che ne è vittima come tutti noi.
Qui si dimentica troppo spesso che ci sono anche arabi cristiani e arabi ebrei. In Terra Santa, ad esempio, cristiani e musulmani vivono insieme da pressoché 1400 anni, perché vige un principio fondamentale che anima le relazioni tra i due gruppi: gli arabi, siano essi cristiani o musulmani, appartengono ad un unico popolo che ha in comune una lunga storia, una lingua, una cultura e una società. È questa la mentalità giusta da adottare se si vogliono ricreare dei rapporti ormai perduti. A questo proposito, da tempo la Chiesa di Gerusalemme cerca un dialogo e una collaborazione con i “fratelli e sorelle” musulmani, anche se conosce le difficoltà che un simile progetto può incontrare. Nonostante le relazioni tra cristiani e musulmani siano generalmente buone, infatti, in Terra Santa ogni giorno si affronta una sfida diversa. Tra queste la reciproca ignoranza e un’autorità carente che produce insicurezza, discriminazione e tendenza all’islamizzazione da parte di certi movimenti politici. Questi ultimi, infatti, mettono in pericolo non solo i cristiani ma anche i molti musulmani che desiderano una società aperta. Probabilmente questo dilemma, che affligge la società da secoli, non verrà mai risolto, ma se non altro rifletterci sopra è già un buon inizio.
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