12.6.06

Combat Kali: l'essenza del combattimento

di Silvia Del Beccaro

Combattere: sfidare il pericolo, sovrastare il nemico, elevarsi a titolo di Guerriero. Da che mondo è mondo lo scontro è parte della natura umana. Vincere o perdere non è importante, ciò che conta è lottare. Simulando, disorientando e ingannando, si cerca di sfuggire al proprio avversario per passare al contrattacco quando meno se lo aspetta. L’imprevedibilità e la varietà sono fondamentali durante un combattimento. Come dice Sun Tzu: “Le azioni d’attacco in battaglia sono soltanto due, l’attacco frontale ordinario e quello laterale di sorpresa, ma le loro combinazioni sono infinite e nessuno può dire di conoscerle tutte”. Fin dalla sua nascita, la Combat Dept. (nella figura di Vinicio Del Beccaro) ha sempre cercato di seguire questo filone, che combinasse insieme ad un attacco a sorpresa anche altre due fondamentali caratteristiche, ovvero la velocità e la precisione: una miscela esplosiva, insomma, che ci facesse sentire “invincibili”. Attenzione, non intendiamo peccare di presunzione (non a caso ho detto “facesse sentire” e non “rendesse” invincibili). Semplicemente siamo convinti che queste tre componenti, combinate, siano un abbinamento vincente in uno scontro. Il grande Muhammad Alì ironizzava sulla sua rapidità, affermando di essere così veloce da riuscire a spegnere la luce della propria camera da letto ed essere sotto le lenzuola prima che la stanza si oscurasse. Anche Sun Tzu ne “L’arte della guerra” proferisce: “L’acqua torrenziale scorrendo svelle le rocce, grazie alla sua velocità. Il falco in picchiata spezza in due il corpo della preda, perché colpisce con precisione. Così la velocità di chi è abile nell’Arte della Guerra è fulminea, e il suo attacco è assolutamente preciso. […] Tumulto e fragore; la battaglia sembra caotica, ma non c’è disordine”. I nostri metodi possono sembrare “caotici”, come giustamente afferma Sun Tzu, ma in realtà non esiste alcun disordine. Chi assiste crede di vedere un miscuglio di movimenti e tecniche non ben distinte; ma chi combatte sa che in quell’istante uno fra quei cento colpi, così ben assestati dall’avversario, può essere decisivo per la sua sconfitta. Tutto questo ricorda un po’ l’atteggiamento di chi assiste ad un incontro di Vale Tudo: ci si esalta nel vedere due corpi aggrovigliati che lottano ferocemente e si scontrano, ma non si capisce realmente cosa stia accadendo. I nostri combattimenti sono più o meno lo stesso: una persona inesperta in materia può apparentemente ignorare cosa stia accadendo nel corso del combattimento, ma i due sfidanti sanno perfettamente che le loro tecniche devono essere pulite, veloci e precise se intendono prevalere l’uno sull’altro. Ecco perché il nostro sistema può essere definito “Kali Tudo”, sfruttando una definizione coniata da Marc “Crafty Dog” Denny. Ma non è solo questo che accomuna il nostro sistema di combattimento coi bastoni (kali) al Vale Tudo. Si dà il caso che la disciplina dei gladiatori, ad esempio, richieda uno scarso utilizzo delle protezioni: conchiglie, paradenti, guantoni. Noi, dal canto nostro, esigiamo solamente maschere da scherma per il viso, guanti da hockey per le mani, ginocchiere per le basse articolazioni. Essenziali, ma efficaci. Nel corso delle nostre competizioni, che prevedono l’impiego di uno o due bastoni privi di imbottitura, inoltre, pretendiamo razionalità e correttezza, anche se riteniamo necessario pure un pizzico di grinta. D’altronde lo stesso Carlos Castaneda, ne “La ruota del tempo”, ricorda: “Un uomo si avvia verso il sapere come se andasse in guerra: perfettamente vigile, con timore, rispetto e assoluta sicurezza. […] Quando un uomo ha soddisfatto questi quattro requisiti […] non dovrà rendere conto di nessun errore; quando è in questa condizione, le sue azioni perdono la fallibilità delle azioni di uno stupido. Se l’uomo sbaglia, o subisce una sconfitta, avrà perso soltanto una battaglia e non dovrà pentirsene amaramente”.

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